Linguaggio, Diritto e Intelligenza Artificiale

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Se dovessero sorgere controversie, le discussioni tra due filosofi non sarebbero più necessarie di quanto lo siano quelle tra due contabili. Basterebbe infatti che essi prendessero in mano le loro penne, si mettessero ai loro tavoli, e si dicessero a vicenda: calcoliamo.
(Gottfried W. Leibniz)

 

1. Introduzione

Fra gli eventi più controversi sorti lungo il progresso umano è da annoverare senz’altro il progetto di verificare e quindi riprodurre l’intelligenza umana mediante automi e macchine. Questo tentativo oggi lo si può considerare come un tassello del più vasto disegno che fa capo alla biotecnologia.1 Già nel 1905 il fisico E. Mach rilevava l’esistenza di una inclinazione naturale che ci spinge a imitare, a riprodurre ciò che abbiamo compreso. La precisione nella riproduzione rispecchia poi la misura della nostra comprensione.2 Queste osservazioni di Mach trovano conferma e sviluppo in quello che è il programma dell’intelligenza artificiale (IA): “Gli obiettivi dell’IA sono quelli di imitare per mezzo di macchine, normalmente elettroniche, quanto più possibile dell’attività mentale umana, e forse anche di andare oltre le capacità umane sotto questo aspetto.”3
Questo progetto, comunque, ha origini lontane: basti ricordare gli automi greci (autómata: macchine che “si muovono da sé”, “si istruiscono da sé”) chiamati a compensare i limiti umani nell’applicare la forza o, in genere, il pensiero agli oggetti. Tuttavia, “l’idea di delegare ad una entità-artefatto compiti intelligenti non nasce con l’invenzione dei moderni calcolatori. Il primo progetto di intelligenza svincolata dal biologico consiste in una macchina combinatoria ideata nel mondo arabo [medievale]”.4 Tale meccanismo, denominato zairja, utilizzava le ventotto lettere dell’alfabeto arabo per rappresentare altrettante categorie della filosofia araba. Mediante la combinazione dei valori numerici assegnati alle categorie si potevano ottenere altre categorie e altri concetti. Nell’altra metà del mondo medievale, Raimondo Lullo recepì e sviluppò l’idea, esposta nell’Ars Magna, di poter racchiudere in uno schema concettuale tutte le potenzialità dell’intelletto, se non della realtà stessa.
Pur avendovi l’uomo trasposto, in vario grado, il corpo o l’intelletto, tuttavia né gli autómata greci né quelli magici sono sulla linea principale di sviluppo della macchina moderna, né sembrano avere avuto molta influenza sul pensiero filosofico.5 La situazione muterà radicalmente a partire dal XVII secolo con lo svilupparsi degli automi ad orologeria e con il legame che si viene a instaurare tra la matematica che, uscita dall’ombra, comincia ad entrare fra la gente6 e quella che diviene modello per la riforma del pensiero in generale. A cominciare con Descartes ciò che è macchina acquista dignità filosofica, diviene oggetto del pensiero e lo stesso classico dualismo, secondo il quale i corpi possono vivere solo se possiedono un’anima, viene di netto superato.7 “La svolta decisiva impressa da Cartesio al problema mente-corpo è dunque la seguente: l’anima non può più essere considerata vita o fonte di vita, come in Platone e Aristotele, perché la vita è meccanismo. Si apre così la strada alla moderna e contemporanea accezione del termine “mente” e quindi a una reimpostazione del problema del rapporto mente-corpo: l’anima è privata delle funzioni vitali e ridotta a pensiero, a ragione, ad autocoscienza […] è così che con Cartesio prende forma quel modo in cui anche oggi intendiamo la mente.”8 Pur essendo basilare l’osservazione dell’intelletto umano svolta da Descartes, nella prospettiva di una “artificializzazione della mente” e/o “del pensiero”, tuttavia la sua analisi non sfociò, come invece accadde a Leibniz, nella progettazione di macchine da calcolo. Nel contesto della riconcettualizzazione della ragione e sulla scorta delle elaborazioni di Hobbes e Locke9, secondo i quali non solo il ragionare, ma anche il vedere e provare sensazioni, erano concepiti come operazioni su rappresentazioni10, si situavano le riflessioni del filosofo e matematico tedesco circa la possibilità di realizzare una macchina in grado di ragionare.11
A Leibniz, definito da G. Kalinowski12 un logicien déontique avant la lettre, si debbono fondamentali e sorprendenti anticipazioni nello specifico campo della speculazione giuridica. La “stupefacente modernità”13 della sua metodologia di chiarificazione razionale e di riordinamento formale del diritto ne fa un antesignano dell’informatica giuridica. Leibniz concepì il diritto come una scienza esatta, capace di svolgersi secondo procedimenti sistematici, logici e dimostrativi provvisti di un rigore prettamente matematico;14 nella Ratio corporis juris reconcinnandi, prospettò che l’intero diritto vigente in una nazione si possa ridurre “in un solo foglio” di regole generali attraverso la cui combinazione possano essere risolti tutti i casi proponibili. Alla luce delle più recenti tecniche informatiche ci si può chiedere: che sarà mai il “solo foglio” di Leibniz? Non è altro che una sorta di “cervello elettronico” del diritto ante litteram, una applicazione di ars combinatoria che precorre quella che sarà l’ipotesi di Sistema di Simboli Fisici di Newell e Simon che è alla base della teoria computazionale dell’intelligenza.15
Oggi i modelli artificiali della mente umana sono sempre più sofisticati; in particolare, le ricerche dell’intelligenza artificiale vanno oltre la sfera del calcolo e prendono in considerazione alcune proprietà tipicamente umane come il linguaggio naturale. I numerosi tentativi di analogia fra la natura degli stati mentali e il computer si rifanno a modelli tra i più svariati come la “concezione computazionale della mente”, il “funzionalismo della macchina di Turing”16, il “connessionismo mediante le neural networks17, il “fuzzy-pensiero”18. Tuttavia, resta aperto il dibattito sulla questione fondamentale dell’esistenza di una intelligenza (e quindi della possibilità di una coscienza) nel computer.19
Ai fini del presente scritto ci interessa in modo particolare fare il punto su alcuni aspetti della ricerca interdisciplinare fra intelligenza artificiale e diritto, e mostrare come sia possibile sviluppare modelli della conoscenza e del ragionamento giuridico non solo rigorosamente formali, ma anche più vicini agli schemi linguistici e alle tecniche argomentative tipiche del discorso giuridico. Il confronto con l’intelligenza artificiale non è, oggi, solo un’opportunità, ma anche, probabilmente, una necessità per la teoria e la filosofia del diritto. Il confronto tra la filosofia del diritto e le proposte dell’intelligenza artificiale può portare alla elaborazione di modi e modelli del linguaggio e del ragionamento giuridici tali da comportare non solo una migliore comprensione del fenomeno giuridico, ma, anche, da un punto di vista metodologico, tali da contribuire a rendere la stessa filosofia del diritto più attenta alla dimensione argomentativa dell’esperienza del pensiero nel diritto.

 

2. Scienza giuridica e Intelligenza Artificiale

I tentativi di simulare i procedimenti del ragionamento giuridico mediante l’intelligenza artificiale hanno alle loro spalle una lunga e interessante storia. Fino ad ora, tuttavia, questi tentativi hanno portato a simulazioni molto approssimative; i procedimenti del ragionamento giuridico sono stati utilizzati in modo non corretto. Questa incapacità nel conseguire le caratteristiche di ricchezza e complessità inerenti al diritto e al ragionamento giuridico in parte scaturisce dal fatto di aver adottato modelli teorici superati per impostare i sistemi informatico-giuridici intelligenti. Con la recente adozione, da parte dei ricercatori, di teorie più adeguate al diritto e al ragionamento giuridico ci si avvicina alla realizzazione di sistemi automatizzati estremamente utili per il ragionamento giuridico.
Ogni sistema informatico-giuridico intelligente necessariamente dà corpo ad una teoria del diritto e ad una teoria del ragionamento giuridico. Gran parte dei sistemi sono stati impostati in base a due dei modelli sviluppati dalla filosofia e dalla teoria del diritto: positivismo “formalista” (modello normativistico) e positivismo “realista” (modello decisionistico).
La maggior parte delle applicazioni di IA adotta un modello normativistico. La base di conoscenza giuridica è rappresentata in questi sistemi da regole del tipo “se A allora B”, dove A è la fattispecie e B l’effetto giuridico.20 Tale rappresentazione della conoscenza giuridica implica un modello positivista formalista, cioè un modello che individua il diritto come un insieme di norme: tra i suoi elementi problematici, il più discusso è il problema della struttura aperta (open texture), un concetto che fu proposto da Hart.21 Da questo autore riprendiamo il più che conosciuto esempio della norma che stabilisce: “Vietato l’ingresso di veicoli nel parco”. Come possiamo stabilire quali siano i veicoli ai quali è rivolto il divieto statuito dalla norma? Le biciclette sono comprese nel divieto? Cosa fare in caso di un’autoambulanza che accorre per un’emergenza? Fornire una norma dettagliata circa i tipi di veicoli non risolverebbe il problema. Ci sarà sempre un giorno in cui un veicolo, non elencato nella norma, si presenterà al cancello del parco. Questo è un esempio di come le forme più estreme di positivismo non siano in grado di cogliere a pieno ciò che appartiene all’esperienza del diritto.
Nei sistemi informatico-giuridici intelligenti l’alternativa ai sistemi basati su regole è rappresentata dai modelli “decisionistici” (case-based reasoning) che, dal punto di vista teorico-giuridico, trovano fondamento nel realismo giuridico statunitense.22 Tale teoria del diritto, più che le norme, considera l’esperienza contenuta e ricavabile dai precedenti (case law). Con le parole di O.W. Holmes si può dire che il diritto non ha nulla di logico, perché è basato sull’esperienza giuridica. Comunque, anche tali sistemi falliscono nel cogliere la pluridimensionalità del diritto e del ragionamento giuridico. Le versioni più estreme del realismo giuridico americano, come nel caso di J. Frank23, escludono l’applicazione di qualsiasi procedimento deduttivo nel diritto. La decisione, in buona sostanza, è un evento che sfugge alla libera determinazione del soggetto ed è invece determinato da processi sui quali la volontà umana ha ben poca presa. Quindi, né l’uno né l’altro dei sistemi suddetti sono sufficienti a rappresentare la conoscenza giuridica.

 

3. Il paradigma argomentativo del diritto

La summa divisio fra sistemi basati sulle regole e sistemi basati sul ragionamento casistico è il riflesso, oggi, nel campo dell’intelligenza artificiale dell’aspra contesa svoltasi, nel secolo scorso, tra i rappresentanti della dottrina giuridica. Il dibattito tra positivismo formalista e realismo giuridico si è dimostrato sterile. Come indicato da R. Wasserstrom, è basilare nel diritto la giustificazione delle decisioni giuridiche24. Il dibattito tra formalisti e realisti può essere inquadrato come un dibattito su ciò che è sufficiente per una giustificazione delle decisioni giuridiche: infatti, i primi ritengono le norme una base sufficiente per le decisioni, mentre i secondi ritengono essenziale la molteplicità delle esperienze umane, come richiesto dal trattamento individuale di casi. Nessuno dei due approcci, comunque, indica sufficientemente come le norme giustifichino le decisioni o, al contrario, quali elementi sono coinvolti nel trattamento individuale di casi. Né il positivismo realista né il realismo giuridico sono in grado di spiegare esaustivamente come le decisioni giuridiche vengano giustificate.
Dopo aver seguìto prima l’ascesa, e subìto dopo la crisi delle ideologie filosofiche di stampo positivistico25, la scienza giuridica oggi tenta di superare la dicotomia positivismo/realismo e focalizza, invece, l’attenzione sul diritto come discorso, sul diritto inteso come un procedimento argomentativo tra partecipanti al discorso. Il paradigma argomentativo del diritto è, allo stesso tempo, antico e moderno. In realtà già con Aristotele il ragionamento era un procedimento discorsivo in un certo qual modo formalizzabile. Nell’ambito della ricerca logico-filosofica del XX secolo riprende vigore la teoria dell’argomentazione con le opere di St. Toulmin26, ed in modo particolare con la c.d. “nuova retorica” di Ch. Perelman il quale si rifà sia alle tradizionali tecniche di persuasione che ai modi della confutazione dialettica.27 In tempi più recenti un notevole contributo alla fondazione di una teoria dell’argomentazione giuridica razionale è fornito da R. Alexy28 che pone come fondamentale il rapporto di interazione fra argomenti giuridici e argomenti pratici per garantire la congruenza assiologica della decisione secondo razionalità: “L’argomentazione dogmatica non può quindi certo venir ridotta all’argomentazione pratica generale, ma l’argomentazione pratica generale costituisce l’ultima pietra di paragone e quindi il fondamento dell’argomentazione dogmatica.”29
L’argomentazione giuridica viene contraddistinta come un’attività linguistica, ovvero, per dirla con Wittgenstein, un gioco linguistico di tipo particolare che concerne la correttezza delle proposizioni normative. Tale attività linguistica viene definita da Alexy come “discorso, o meglio − trattandosi della correttezza di proposizioni normative − come discorso pratico30, il discorso giuridico dandosi come caso particolare del discorso pratico generale.
La teoria del diritto come discorso differisce, quindi, fondamentalmente da quanto detto in proposito dal positivismo formalista o dal realismo giuridico. Al posto delle norme o dei precedenti, il nocciolo duro del paradigma argomentativo mette a tema il diritto come procedimento argomentativo. Pertanto, la giustificazione necessaria per le decisioni giuridiche non nasce dal semplice modo in cui il diritto viene descritto, ma dal consenso comune sulle conclusioni raggiunte attraverso l’argomentazione. Nell’ambito della teoria del discorso giuridico, né le norme né i precedenti sono sufficienti a dar vita ad argomenti autosufficienti, perché norme e precedenti possono essere a loro volta soggetti ad argomentazione.
Il fatto che le norme possono essere soggette ad argomentazione lo si può ricavare da varie questioni. Un esempio ci viene dall’idea hartiana della struttura aperta: qual è esattamente lo scopo di una particolare norma? Da un altro punto di vista, la stessa validità di una norma può essere problematizzata. Inoltre, la stessa accettabilità delle norme può essere oggetto di discussione. L’assoggettamento ad argomentazione dei precedenti possiamo evidenziarlo in vari modi. I precedenti vengono utilizzati nel diritto attraverso il ragionamento analogico. Comunque, i precedenti possono essere applicati analogicamente solo quando essi sono simili, ma quando possiamo dire che due casi sono simili? Inoltre, in un precedente solo la ratio decidendi si impone; ma cos’è la ratio? Nel caso di due precedenti simili, le ragioni a supporto della decisione presa nel caso originale sono ancora delle valide ragioni? Ricordiamo, a proposito, la regola (2.2)(a) del discorso pratico razionale, secondo Alexy: “chiunque può problematizzare qualunque affermazione”.31
In base alla teoria del discorso, le questioni suddette sono risolvibili mediante un procedimento argomentativo. Comunque, mentre norme e precedenti non sono di per sé in grado di formare argomenti autosufficienti, sia le norme che i casi sono elementi utilizzati nella costruzione di argomenti. Per la regola (J.2.1) del discorso giuridico, secondo Alexy: “per la giustificazione di un giudizio giuridico deve essere addotta almeno una norma universale.”32 Di conseguenza, per la regola (J.13) “allorché può addursi un precedente in favore o contro una decisione, questo deve essere addotto.”33 Quindi, mentre norme e precedenti possono essere soggetti ad argomentazione, essi possono essere anche usati per la costruzione di argomenti. Un argomento così ottenuto può, a sua volta, riferirsi ad ulteriori norme o precedenti. Da questo punto di vista il discorso può essere visto come un procedimento autoreferenziale. Ma ciò non vuol dire che esso giri a vuoto intorno a se stesso. Come è ben noto ai programmatori di computer, un procedimento autoreferenziale può avere in se stesso le condizioni per la sua conclusione. Invece di ritenere che il ragionamento giuridico è primariamente un processo deduttivo o un processo analogizzante, la teoria del diritto come discorso richiede un modo più articolato del procedimento del ragionamento giuridico. Ciò corrisponde a quanto afferma N. MacCormick: “Una teoria del ragionamento giuridico richiede ed è richiesta da una teoria del diritto.”34
È bene ricordare che il ricorso a sistemi informatico-giuridici ibridi − cioè utilizzanti sia modelli normativistici che modelli decisionistici − non dà una rappresentazione adeguata del diritto. Infatti, nel tentativo di raggiungere un compromesso fra modelli positivisti e realisti del ragionamento giuridico, tali sistemi adottano un modello di ragionamento a due livelli. In un primo momento si valuta se la questione è chiara: in tal caso si applica la norma. Se, invece, vi è incertezza circa l’applicazione di una norma, allora si passa al secondo livello, con utilizzo dei precedenti nel tentativo di risoluzione dell’incertezza. La teoria del discorso, al contrario, indica che l’argomentazione non si svolge secondo questa netta divisione a due livelli; ma ci deve essere utilizzo delle norme e dei precedenti a qualsiasi livello dell’argomentazione. Quindi, non è valido applicare a priori un processo di ragionamento a due livelli che preveda una preferenza per le norme. È il caso di ricordare che Alexy individua l’interconnessione tra argomentazione pratica e argomentazione giuridica a tutti i livelli, secondo la tesi della integrazione.35

Jürgen Habermas e Robert Alexy

Fonte: Bielefeld Marketing

4. Modelli basati sulla teoria dell’argomentazione giuridica

I ricercatori nel campo dell’intelligenza artificiale giuridica hanno tentato con vari modelli di emulare la natura discorsiva dell’argomentazione giuridica. Ci sono due aspetti della teoria del discorso che sono oggetto di investigazione:
1) Che cosa è un argomento?
2) Quando gli argomenti possono essere strutturati?
Entrambi questi aspetti concernono l’investigazione della natura dell’argomento, il secondo, in particolare, riguarda il flusso degli argomenti. Allo scopo di automatizzare la natura discorsiva del ragionamento giuridico si è ricorsi alla logica non-monotonica.36 I primi sistemi basati su modelli normativistici si articolavano essenzialmente secondo la logica monotonica. Nella logica monotonica, date le premesse normative, ne conseguono necessariamente delle decisioni, per esempio: “se A e B e C esistono allora ne consegue automaticamente X”. Il problema insito nella logica monotonica è dato dal fatto che essa è impotente di fronte alla inconsistenza (contraddittorietà) esistente fra norme e argomenti. Se vi sono due norme che portano ad opposte conclusioni, il sistema considera possibili entrambe le conclusioni; per esempio, se in aggiunta alla regola suddetta vi fosse anche la seguente regola: “se A e B e C esistono allora non(X)”, il sistema concluderebbe che esistono sia X che non(X)!
La teoria del discorso rivela che il diritto è un sistema basato su argomenti opposti. Quindi, un sistema informatico-giuridico intelligente deve essere in grado di trattare con opposti argomenti. I sistemi basati sulla logica non monotonica riescono in un certo modo a raggiungere tale scopo. Nei sistemi basati sulla logica non monotonica, l’esistenza degli antecedenti di una norma non fa scattare automaticamente le conseguenze previste dalla norma stessa: le conseguenze derivabili da una norma sono solo implicite nella norma stessa. La conclusione derivabile da una norma non si avvererà se vi è una conclusione più stringente ricavabile da un’altra norma. Questo evita il problema insito nella logica monotonica, che è rigidamente dipendente da quanto previsto nella norma da applicare. Nel caso dei sistemi che applicano la logica non monotonica vi è la possibilità di emulare quanto previsto nella teoria del diritto come discorso: infatti tali sistemi possono ragionare utilizzando argomenti non consistenti e possono valutare gli argomenti che portano a conclusioni fra di loro incompatibili. I vari e differenti sistemi realizzati per il ragionamento non monotonico37 hanno lo scopo di formalizzare un argomento che porta ad una conclusione, oppure di formalizzare quanto serve per attaccare, sostenere o abbattere un argomento. Tali sistemi appaiono in grado di fornire i mezzi tramite i quali risolvere i contrasti fra argomenti. Vediamo come ciò sia possibile. I sistemi operanti con logica non monotonica, oltre a modellare il tipo di argomento giuridico, presiedono al flusso degli argomenti, cioè alla procedura nella quale gli argomenti vengono sviluppati e contrapposti. Il lavoro svolto da tali sistemi serve a controllare quando e come si deve svolgere l’asserzione, l’accettazione o il rifiuto di un argomento, ed inoltre serve a specificare varie regole che governano l’intero procedimento argomentativo.
I modelli a cui si è fatto sopra cenno si collocano nell’ambito dell’argomentazione monologica, cioè come il procedimento mediante il quale “una persona conversi con se medesima, interrogando e rispondendo, affermando e negando.”38 Di recente si è cercato di superare la nozione monologica sviluppando modelli che rappresentano e regolano l’argomentazione plurisoggettiva.
Tra i modelli dialogici è da ricordare, specialmente, quello presentato da T.F. Gordon, nel suo The Pleadings Game.39 Si tratta della prima formalizzazione dell’argomentazione giuridica plurisoggettiva. È un modello nel quale vengono trasferiti numerosi aspetti della teoria dell’argomentazione di Alexy, ma con sviluppi di estremo rilievo anche teorico-giuridico. Il prototipo di sistema informatico che rispecchia il modello di Gordon funge da mediatore fra i soggetti dell’argomentazione e ne governa il dialogo. I soggetti interessati nella controversia propongono ragioni a sostegno delle proprie pretese, e accolgono o respingono le altrui ragioni; il sistema, invece, individua le questioni ancora irrisolte e provvede a dare la parola alle parti che ne hanno diritto, e, infine, trasmette ad un terzo con funzioni arbitrali la decisione delle questioni rimaste irrisolte. Tale sistema si ispira all’antico modello processuale degli ordinamenti di common law e della tradizione topico-retorica, nel quale ampio rilievo è dato alla fase dei pleadings.40 
Il modello dell’argomentazione è stato utilizzato anche nell’ambito dei sistemi fondati sul case-based reasoning, fra i quali è da prendere in considerazione il sistema HYPO ideato da K.D. Ashley per la ricerca dei precedenti giudiziari significativi e il loro uso in argomentazioni giuridiche. Il sistema mediante predicati fattuali individua gli argomenti giuridicamente significativi, in tali argomenti evidenzia i punti deboli, quindi, sfruttando tale debolezza, il sistema formula argomenti in opposizione ed infine, mediante casi ipotetici, genera argomenti modificati e rafforzati, che l’attore o il convenuto possono usare al fine di sviluppare le proprie argomentazioni.

 

 5. Problemi connessi ai modelli dell’argomentazione giuridica

I sistemi informatico-giuridici intelligenti basati sulla teoria discorsiva del diritto promettono buoni risultati, tuttavia presentano alcuni problemi. Il principale problema, che di seguito discuteremo, nasce dalla pretesa che tali sistemi possono valutare argomenti in competizione e quindi operare una scelta. È chiaro che, in un sistema su base argomentativa, è necessario individuare un qualche metodo per risolvere il conflitto tra argomenti. Secondo un consolidato orientamento filosofico-giuridico, quando degli argomenti sono in conflitto, una via di risoluzione delle possibili alternative è quella indicata da principi o criteri politici e valutativi.41 “La scelta deve per definizione avvenire sulla base di criteri non desumibili dal diritto positivo vigente, criteri “valutativi” o di “diritto libero”, in ogni caso metapositivi. […] La giurisprudenza come attività […] è, dunque, inseparabilmente, scienza e politica del diritto positivo.”42 Ciò, peraltro, non comporta la non computabilità della politicità, anzi: “I giuristi ideologizzati, politicizzati sono molto più prevedibili (quindi, computabili) degli altri.”43 Nel parlare di sistemi informatico-giuridici e per capirne l’estrema utilità non si può che aderire al chiaro e pressante invito rivolto ai ricercatori da Lombardi Vallauri: “Anche in quest’ultima fase (2.4) [l’autore si riferisce alla fase «Scelta soluzione “migliore” à Juristenrecht» presente nello schema dell’auspicato SEGG (Sistema Esperto Giuridico Integrale, o Globale)] dell’attività del giurista l’informatica dovrebbe assicurare non la simulazione dei procedimenti reali, ma o la correttezza univoca dei risultati o la trasparenza della non correttezza, della non univocità.”44
In alcuni sistemi informatico-giuridici intelligenti, i conflitti tra argomenti vengono risolti col fare riferimento a meta-norme: per esempio, standards di riferimento per la comparazione sono Lex Superior, Lex Specialis e Lex Posterior. A volte è lo stesso sistema legislativo a fornire regole specifiche. Altri standards di comparazione si ricavano dai canoni interpretativi. Comunque, il far riferimento a meta-norme provoca il sorgere di questioni come le seguenti :

  • Che cosa rende accettabili dei meta-argomenti?
  • Come determinare quali meta-argomenti sono a sostegno di un particolare argomento?
  • Cosa succede quando gli stessi meta-argomenti sono in conflitto tra di loro?

Come si evince dalle ricerche di Perelman, e come è reso in modo chiaro da Alexy, tali problemi sono anch’essi risolvibili mediante un procedimento argomentativo. Infatti, è la stessa teoria del discorso, così come fa per un argomento, a determinare e rendere accettabile quale meta-argomento sia a sostegno di un argomento. Quando dei meta-argomenti sono in conflitto, tale problema può essere risolto col ricorso ad un ulteriore argomento. Gli attuali sistemi informatici su base argomentativa hanno come riferimento solo un numero limitato di meta-norme. L’applicazione, o no, ad una data norma di tali meta-norme è determinata a priori. Gli eventuali conflitti tra meta-argomenti vengono risolti mediante un loro ordinamento gerarchico, che ne stabilisce la priorità di applicazione. Nella scienza giuridica si guarda con sospetto ad accettare una gerarchia a priori fra meta-norme.
Si può anche controbattere che esista una aprioristica gerarchia di meta-norme. Questa gerarchia, per quanto profondamente celata, comunque può essere portata alla luce mediante un attento esame dei testi giuridici, in particolare delle leggi e dei precedenti. Come afferma J. Hage45, sia le norme che i precedenti rappresentano differenti tecniche per individuare e valutare ragioni. I precedenti sono una raccolta di ragioni pro o contro una particolare soluzione. A parte il fatto che è poco chiaro cosa succede quando delle meta-norme non siano state considerate nei precedenti, ed anche ammesso che delle meta-norme siano identificabili chiaramente nei precedenti, il problema, al riguardo, è che il diritto non è ipso facto un sistema, una totalità ordinata.
Infatti R. Dworkin, pur insistendo sul fatto che vi è una “unica risposta corretta” (the one right answer)46 per ogni problema giuridico, non si spinge però oltre fino ad affermare che il diritto sia una unità completamente consistente (non contraddittoria). Dworkin sottolinea il fatto che, essendo il diritto opera realizzata da differenti popoli in differenti contesti sociali, i valori, che dimensionano il diritto e che troviamo espressi in leggi e precedenti, non sono consistenti.47 Quindi è impossibile anche per il giudice Hercules (il giudice ideale nella prospettiva di Dworkin) utilizzare i testi giuridici per costruire una consistente gerarchia di valori. Infatti, mentre il giudice Hercules può essere in grado di trovare la risposta corretta, essa non risulterà solo dall’esame delle fonti del diritto.
Un ultimo problema relativo all’implementazione sugli attuali sistemi della teoria del discorso giuridico riguarda la mancanza assoluta di riferimenti agli standards relativi a principi e a criteri politici o valutativi che vengono applicati nel ragionamento giuridico. Da ciò si potrebbe concludere che gli attuali sistemi informatico-giuridici intelligenti servano a ben poco, o, peggio, che sarebbe il caso di abbandonare il paradigma argomentativo perché troppo complesso e di poca utilità. Una conclusione di tal genere sarebbe come minimo affrettata.

 

6. Possibilità di sviluppo nella formalizzazione dell’argomentazione giuridica

Nell’ambito della ricerca intorno ai sistemi informatico-giuridici intelligenti la riflessione sui procedimenti del discorso giuridico non deve solo badare alla giustificazione dell’applicazione di argomenti mediante l’uso di meta-standards, ma si deve volgere all’applicazione di quei meta-standards mediante un procedimento argomentativo. Ciò che bisogna richiedere ad un sistema è un uso completo della teoria del discorso, finalizzato a trovare una risposta nell’argomentazione. Tutto ciò richiede da parte del sistema un’attenta considerazione degli argomenti, dei conflitti tra argomenti, degli argomenti relativi ai conflitti tra argomenti. Mediante un attento uso del procedimento argomentativo si può intervenire in ogni fase e a qualsiasi livello dell’argomentazione. Circa la discussione sugli argomenti a sostegno (backing), Gordon afferma che essa può essere condotta alla pari di quella che si tiene su qualsiasi altra pretesa.48
Un’attenta implementazione della teoria del discorso richiederà l’uso di meta-argomenti al pari di quanto viene fatto per gli argomenti stessi. Innanzitutto si può giungere ad una conclusione col ridimensionare il numero di asserzioni consentite ai partecipanti al discorso. Tuttavia, se ciò può prevenire la formulazione di certi argomenti, non è detto che si possa impedire un regresso ad infinitum. È interessante quanto afferma Alexy circa la necessità che alcune regole del discorso vengano semplicemente accettate perché il processo di giustificazione sia reso possibile.49 Pertanto la teoria del discorso non può spiegare tutto. Si può dire che un argomento arriva al termine quando si raggiunge un livello in cui le cose devono essere semplicemente accettate. Una difficoltà derivante da tale impostazione consiste nel fatto che, per essere coerenti, bisogna concedere che ciò che è necessario accettare semplicemente come pre-requisito di un discorso sia esso stesso aperto ad argomentazione.
Nel contesto dei sistemi case-based reasoning è particolarmente interessante il modello GREBE di K.L. Branting.50 Tale sistema cerca di risolvere il problema insito nel ragionamento basato sui precedenti: ossia, come determinare il momento in cui due casi sono sufficientemente simili da consentire un ragionamento analogico. Perché due casi siano simili occorre che i loro elementi rilevanti siano sufficientemente simili. Per determinare tale similitudine il sistema GREBE usa ricorsivamente i precedenti per generare argomenti in base ai quali gli elementi dei precedenti stessi sono simili. Una volta individuata la similitudine tra gli elementi dei precedenti, questi ultimi possono essere considerati simili.
Il sistema, in pratica, genera un argomento in base al quale i precedenti sono simili, utilizzando ricorsivamente i precedenti stessi che generano un argomento in base al quale i loro elementi rilevanti sono simili. In buona sostanza, qui per argomentazione si deve intendere quella procedura nella quale una decisione giuridica viene sostenuta adducendo casi simili decisi conformemente, e viene criticata adducendo casi simili decisi in modo contrario. Benché il sistema GREBE operi solo nel campo del ragionamento basato sui precedenti, tuttavia evidenzia l’utilità dell’autoreferenzialità nei procedimenti argomentativi. Per esempio, potrebbero essere ricorsivamente generati argomenti circa il come e il perché le norme e i precedenti devono essere applicati. Si può sostenere che una norma o un precedente siano a sostegno di una certa conclusione, se viene posto in questione il perché della rilevanza di quella norma o di quel precedente, allora può essere utilizzato un argomento riguardo alla rilevanza. Un tale argomento può, a sua volta, fare riferimento ad ulteriori norme o casi. Un tale sistema ricorsivamente potrebbe risolvere argomenti e conflitti tra argomenti. Sarebbe utile potere ampliare le possibilità di un tale sistema in modo da permettere argomenti riguardo a meta-argomenti.

 

7. Conclusioni

Il ricorso a modelli di sistemi informatico-giuridici intelligenti basati sulla teoria discorsiva del diritto consente di superare le aporie del dibattito, ormai stantìo, fra positivismo formalista e realismo giuridico. L’utilizzo più completo della teoria dell’argomentazione giuridica razionale nell’ambito dell’intelligenza artificiale può, allo stesso tempo, fornire un valido campo di prova per i teorici del diritto e un sostegno pratico per il giudice chiamato a decidere.

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