Agamben e la crisi infinita della filosofia italiana

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Mentre l’Europa ascolta Agamben, l’Italia, come sempre, fa orecchie da mercante.

Giorgio AgambenForse l’intelligencija italiana (a proposito: se c’è qualcuno, batta un colpo!) è troppo occupata dal nuovo realismo o, smarrita in presunti ritorni di Marx, si ritrova ad essere senza tempo per queste faccende. Fatto sta che il 15 marzo persino Repubblica ospitava un prelibato articolo di Agamben: Se un impero latino prendesse forma nel cuore dell’Europa.

In Italia nessuno sembra essersene accorto, mentre proprio il cuore dell’Europa pulsava e, in data 24 maggio, riprendeva il discorso, in tedesco: Die endlose Krise ist ein Machtinstrument.

Segue il 4 giugno una traduzione in inglese: The Endless Crisis as an Instrument of Power; e poi l’11 giugno in francese: La crise sans fin comme instrument de pouvoir.

In italiano, finora, manco a parlarne. Alla faccia dell’impero latino.

Per rincuorarci, ne traduciamo (e siamo costretti a tradurre un autore italiano) un breve passaggio significativo:

L’oggetto della mia critica non era la Germania, ma piuttosto il modo in cui è stata costruita l’Unione Europea, ossia su una base esclusivamente economica. Perdipiù, non sono state ignorate solamente le nostre radici spirituali e culturali, ma anche quelle della nostra politica e del nostro diritto. Se quella è stata intesa come una critica alla Germania, è accaduto solamente perché la Germania, a motivo della sua posizione predominante e a dispetto della sua eccezionale tradizione filosofica, attualmente sembra incapace d’immaginare un’Europa fondata su qualcosa di più che l’euro e l’economia.

3 responses to “Agamben e la crisi infinita della filosofia italiana

  1. La monetizzazione di ogni aspetto dell’esistenza rende fortemente miopi e impedisce delle scosse, che possono portare nella direzione giusta .

  2. Dall’articolo sopra citato, estraggo: «Molti anni fa il filosofo Alexandre Kojève, un alto rappresentante di ciò che poi sarebbe stata l’Europa nel suo stadio embrionale, ipotizzava che l’homo sapiens era giunto alla fine della sua storia e che erano rimaste solo due possibilità. O l’“American way of life”, che Kojève vedeva come una sorta di vegetazione post-storica. O lo snobismo giapponese, una forma di celebrazione di rituali vuoti di una tradizione privata di qualsiasi significato storico. Penso che l’Europa possa rendersi conto dell’esistenza di un’alternativa, di una cultura che rimanga sia umana sia vitale, poiché in dialogo con la sua propria storia e quindi in grado di acquisire una nuova vita.»

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