«In nome del prete» di Elio Ria

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Con piacere ed affetto, segnaliamo l’ultima pubblicazione del caro Elio Ria, su un tema quantomai «sentito» come quello del rapporto tra un prete e la sua comunità: In nome del prete (Terra d’ulivi edizioni). L’editing del volume è stata affidata a «noi» di Sitosophia e siamo grati ad Elio per la fiducia e la stima accordateci.

Riproduciamo di seguito una «personale» nota di lettura di Francesco Pasca.

 

Nel Nome del Signore

“Con l’umano calore e la necessaria disillusione”. Così viene introdotto, da Davide Dell’Ombra, il legame tra Elio Ria e la Comunità da destinare in scrittura per il “racconto” di vita quotidiana di un prete. Ma io non è del prete, né del perché di un sacerdozio, che voglio parlare, lascio le riflessioni sul parroco Emanuele Pasanisi a chi lo ha realmente conosciuto e potuto apprezzarne, nell’itinere, quel prezioso percorso.

Elio Ria è interessante, per chi legge, oggi, In nome del prete (Terra d’ulivi edizioni) per essersi messo a fianco di un sacerdote con la “chiarezza della propria identità” e per dare la vicenda, a noi, così come vissuta e poi raccontata. Da autore di saggi si propone ancora una volta con la “stravaganza” del balestriere che mira al bersaglio, da lontano, che sa, che non al bersaglio deve puntare bensì far correre di pensiero la sua parabola con il balistico colpo da far compiere alla traiettoria del suo dardo. L’alzo battuto traguardato da zero a infinito è scrittura portata con accurata solerzia tesa ad individuare il massimo da sfruttare e quant’altro da scrivere nella certezza del suo centro. Per la “biografia” da iniziare, sente, ha bisogno di 33 pagine e del terzo capitolo, “Essere prete”, Elio vuole darci dapprima, con accurata descrizione filologica, la certezza che quel prete ha avuto la sua stessa esigenza per giungere al compimento sicuro del proprio centro.

Nel descrivere e darci lettura sono necessarie le «divagazioni» su Agostino d’Ippona (Confessioni), su Eliot (Cori da La Rocca), su Baudelaire (I Fari, ne I fiori del male), su Epicuro per ricordarci che la felicità non è un regalo, sull’incertezza della morte ch’è uguale all’incertezza della vita, sulla misericordia di Dio, sul misfatto della verità di Marshall McLuhan. Potrei continuare con altre citazioni usate da Elio Ria prima di giungere, come lettore, a qualsivoglia sua norma comportamentale in scrittura nell’ambito di una morale da individuare e perseguire, accettare.

Il poeta Ria fa scorrer il tempo con idea letteraria su di un prete dedito alla parrocchia destinata da altri e inserita nella parabola di altrettanti luoghi e donati per l’identico tempo e con l’assillo del non poter individuare le migliaia di probabili componenti che potevano influenzare la linearità curva di un proprio percorso. Elio sa di Pasanisi e ne scrive. Nel primo capitolo da poeta destina la sua scrittura alla primaria esigenza, abbozza con dovizia di particolari, apparentemente riassunti, i caratteri ben distintivi di un’immagine allo specchio dove l’uomo si confronta con la biblica somiglianza a “Dio” per appurarne la propria fragilità.

L’immagine in scrittura è, e si frantuma, ed è resa liquida dal correre odierno e con la trasparenza di un già falso riflesso rotto in una pozza d’acqua, rende così la denominazione di tempo presente. Con la scrittura di Elio si avverte tutta la precarietà del nostro tempo, e, in premessa, dichiara la frantumazione d’immagine con la domanda, suprema a tutte le altre: “Dov’è Dio?”. In risposta rende a noi il (Necessario) ch’è: “Il sogno di paradiso è un sogno ricorrente”. Nel sogno inserisce il suo prete.

Ecco dunque l’esigenza ben sottolineata, ecco la poesia di Elio, ecco l’importanza scrittoria del “racconto” dedicato alla difficile arte di un prete che Elio vede come immagine, forse, di se stesso poeta, come esigenza della propria anima. Le desinenze verbali individuate in itinere sono “provare” e “fare” nell’ordine cronologico necessario per la vita in un quotidiano, dove: “Il tramonto affascina, ma si preferisce l’alba”.

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