Più grande del cielo

Einaudi, 2004
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Nel campo delle scienze cognitive parte preponderante della ricerca è svolta dalle neuroscienze. Il neurobiologo Gerald M. Edelman, premio Nobel per gli studi di immunologia nel 1972, sin dai primi anni Novanta del secolo scorso ha contribuito con fondamentali pubblicazioni all’ingrandirsi dell’interesse neuroscientifico in questo settore: soprattutto con opere quali Sulla materia della mente (Adelphi, 1993) e Darwinismo neurale (Einaudi 1995).

Di più recente pubblicazione un breve volume che riassume le idee innovative dello scienziato, senza sminuirne la portata, dal titolo Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza (Einaudi, 2004).

Ecco riassunte brevemente le idee in esso contenute.

1. È necessario portare a termine il programma di Darwin, ovvero compiere «lo sviluppo di una concezione della coscienza come prodotto dell’evoluzione e non come sostanza cartesiana, o res cogitans, inaccessibile mediante l’indagine scientifica» (p. 4); dunque restringendo l’esperienza della coscienza all’interno delle possibilità del panorama scientifico attuale, con particolare attenzione alle teorie adattazioniste.

2. Rifacendosi al pensiero di William James, Edelman afferma la corporeità intrinseca della coscienza: il processo cosciente (non già oggetto) è infatti individuale, privato, intenzionale (riferito sempre a qualcosa) e superiormente unitario, integrato. Ma al tempo stesso esso si presenta differenziato: emerge qui il concetto di «qualia», le esperienze fenomeniche soggettive irriducibili ad una pura «descrizione» scientifica. Compito della scienza è difatti evitare la «lacuna esplicativa, che scaturisce dalle notevoli differenze fra la struttura cerebrale, che appartiene al mondo materiale, e le proprietà dell’esperienza ricca di qualia», fornendo invece «un resoconto causale della relazione fra questi domini che permetta di comprendere le proprietà di un dominio in funzione di eventi che hanno luogo nell’altro» (p. 10).

3. Si rende profondamente necessaria la conoscenza della struttura cerebrale, in quanto «il cervello umano è l’oggetto materiale più complicato dell’universo conosciuto» (p. 13).

4. Per capire il fenomeno cosciente bisogna attendere ad una teoria globale: percezione, memoria, azione, intenzione vanno inglobati in un’unica teoria solo così in grado di spiegare la complessità del fenomeno. Essa potrebbe essere, per Edelman, la teoria del darwinismo neurale (o «TNGS», theory of neural groups selection), che si basa sulla nozione di «rientro». Nello svilupparsi dell’organo cerebrale, vengono a strutturarsi connessioni ramificate che grazie alla selezione naturale garantiscono la totale individualità di ogni singolo cervello. Nel rapporto con l’ambiente tali connessioni vengono «selezionate» formando unità funzionali che rispondono a nuovi stimoli non necessariamente identici agli stimoli originali che hanno garantito la selezione. Questo processo, detto rientro, garantisce la possibilità della «generalizzazione» a partire da uno stimolo singolo che viene comparato con stimoli simili ma non identici. Dunque dalla percezione si passa alla categorizzazione percettiva, cioè la «capacità di “decifrare” il mondo» (p. 41). Con questo processo si spiega, per il neuroscienziato, il fondamento della sua teoria globale del cervello.

5. Dunque a spiegare evolutivamente l’esistenza del fenomeno cosciente sarebbe il comparire, ad un certo punto della filogenesi, di «nuovi schemi di connessione reciproca» (p. 45) all’interno del cervello, capaci di spiegare la complessità dell’organo nei mammiferi superiori.

6. La categorizzazione percettiva in relazione alla memoria dà origine a quello che Edelman chiama il «presente ricordato» ovvero la capacità per un animale di collegare il proprio stato di coscienza vigile a momenti passati «archiviati» nella sua memoria ma che vengono rielaborati e utilizzati per ennesime interazioni dinamiche rientranti, capaci di elevare la coscienza detta «primaria», condivisa da molte specie animali, ad una «superiore», dell’uomo e di pochissime altre specie. «La coscienza di ordine superiore conferisce la capacità di immaginare il futuro, di richiamare esplicitamente il passato e di essere coscienti di essere coscienti» (p. 49).

7. Tale «sé» è possibile nell’uomo solo a seguito dello sviluppo delle capacità linguistiche e relazionali.

8. La causalità e la chiusura del mondo fisico costringono Edelman ad una visione «epifenomenica» degli eventi mentali: essi non possono entrare a far parte del mondo fisico in quanto semplici relazioni; ma lo scienziato ha negli anni rifiutato tale definizione concedendo che i «qualia» restano reali – giacché lo sono – e comunicabili tramite la «trasformazione fenomenica». Afferma infine che si possa definire l’esperienza fenomenica soggettiva «come se fosse causale» (p. 121).

9. Edelman non accetta, infine, la riduzione del processo mentale a «macchina di Turing», giudicando assolutamente inappropriata la metafora soprattutto in merito al profondo funzionamento dei processi che generano la percezione, la memoria e la coscienza, studiati con scrupolosa attenzione scientifica dal neurobiologo.
Nelle conclusioni di questo volume, denso di idee accumulate negli anni di ricerca nel campo, Edelman, dopo aver affermato la necessità di accostare il selezionismo alla logica, si riferisce al progetto dell’Intelligenza Artificiale con queste parole: «Anche se un giorno saremo in grado di incorporare entrambe le modalità nella costruzione di un manufatto cosciente e quindi di ampliare ulteriormente la nostra comprensione, le forme particolari di coscienza che noi possediamo come esseri umani non saranno mai riproducibili e continueranno a essere il nostro dono più grande» (p. 123).

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