Without Justification

MIT Press, 2007
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Introduzione

Con Without Justification Jonathan Sutton si propone come una importante new entrye, in particolare, come punto di riferimento nella contemporanea impostazione dell’epistemologia. In contrapposizione allo slogan caro ad epistemologi come Williamson: ‘Knowledge First’, Sutton sostiene: ‘Knowledge First and Last’. Con questa impostazione che apre un’importante orientamento nella contemporanea epistemologia, Sutton nega che ci sia una nozione praticabile di giustificazione distinta dalla nozione di conoscenza.
Si ritiene, generalmente, che uno degli scopi primari dell’epistemologia, oltre a fornire una spiegazione della conoscenza, sia quello di fornire una interpretazione della credenza giustificata. È dato per scontato che vi sono credenze giustificate che non portano ad alcuna conoscenza, anche se si conviene sul fatto che tutte le credenze che fondano la conoscenza siano giustificate. C’è, d’altronde, anche chi sostiene che assemblare una spiegazione della giustificazione sia più importante che mettere insieme una spiegazione della conoscenza, tenendo del tutto da parte ogni connessione che la nozione di giustificazione presenta con quella di conoscenza. Sutton sostiene che, tenendo ben conto del significato del termine ‘giustificato’, la credenza giustificata non sia né più e né meno che conoscenza.
In buona sostanza, da un lato, non abbiamo (forse anche non possiamo avere) una nozione utilizzabile di giustificazione che si distingua dalla conoscenza e, dall’altro lato, non abbiamo bisogno di averne una. Si possono ottenere, precisa l’autore, risultati migliori in epistemologia senza ricorrere alla giustificazione. Sutton esamina i temi della testimonianza e della prova, e fornisce a proposito di questi due argomenti chiave per l’epistemologia una spiegazione basata solo sulla nozione di conoscenza. Fra l’altro, prende in esame l’inferenza (sia deduttiva che induttiva), gli approcci internalista ed esternalista all’epistemologia, il funzionalismo, il paradosso della prefazione e quello della lotteria. Sutton [2005] sostiene che tutti noi – filosofi e non – dovremmo tenere da conto ciò che conosciamo; dovremmo credere in qualcosa solo se sappiamo che è così e così. Inoltre, non dovremmo credere a ciò che ci viene detto a meno che non sappiamo che il nostro interlocutore conosce ciò di cui ci sta parlando. Tutti questi modi di vedere, sostiene Sutton, sono fondamentali solo perché sono collocati nel contesto dell’epistemologia contemporanea malamente fondata sulla distinzione fra conoscenza e giustificazione.
Questa tesi potrà senz’altro venir considerata provocatoria nei cenacoli accademici, tuttavia rappresenta una ben argomentata svolta nella corrente letteratura epistemologica. Without Justificationè un testo ricco di chiari e convincenti argomenti a sostegno di un dimenticato approccio alla scienza della conoscenza che invece ci rinvia alla dottrina di Socrate esposta da Platone nell’Apologia. Questi argomenti si propongono ad un attento studio di chiunque abbia un serio interesse per la teoria della conoscenza.

Descrizione del libro

1. Questo libro agile per chiarezza e impostazione in soli quattro capitoli si pone in contrasto con l’epistemologia contemporanea malamente fondata – secondo Sutton – sulla distinzione fra conoscenza e giustificazione.
La tesi esposta in Without Justificationsi articola a partire dalle seguenti affermazioni:
(a) Credenza Giustificata = Conoscenza (GC)
(b) Conoscenza di p derivante da testimonianza addotta da chi Conosce p (CC)
(c) Conoscenza derivante da Inferenza Valida (CIV)
(d) Conoscenza derivante da Prova addotta da un soggetto a sostegno di p (CP)
Sutton propone dei casi circa GC nei primi due capitoli del suo libro. Nei successivi due capitoli l’autore giustifica i suoi punti di vista circa i temi della testimonianza e dell’inferenza utilizzando argomentazioni del tutto autonomi rispetto a GC. Un argomento rilevante esposto nel capitolo 3, in cui si tratta della testimonianza, concerne l’acquisizione della conoscenza di una proposizione a partire dalla testimonianza di un soggetto che di questa è portatore. Questa posizione è sostenuta perché necessita Conoscere che il testimone Conosce la proposizione (CC). Riguardo all’inferenza di cui si discute nel capitolo 4, Sutton argomenta circa l’inferenza valida, che è tale se è dotata della più importante virtù epistemica che un’inferenza di qualsiasi tipo possa avere. In pratica, è un’Inferenza Valida quella che deriva la Conoscenza della conclusione dalla conoscenza delle premesse (CIV). Come ben si sa, CIV implica che un’inferenza non valida comporta una falsa conclusione.
Fra le altre tesi sostenute dall’autore è degna di nota quella circa la prova addotta da un soggetto a sostegno di una proposizione. Il ricorso ad una Prova è ritenuto essere la Conoscenza in base alla quale una persona può conoscere la proposizione sostenuta mediante inferenza (CP). Anche in questo caso, CP implica che nessuno ha una prova a sostegno di una falsa proposizione e che la prova addotta da qualcuno a sostegno di una proposizione non può semplicemente attestare o dimostrare ad una persona la verità della detta proposizione.
2. Come è possibile da parte di chi sostiene GC spiegare gli indubitabili casi di giustificazione non implicanti conoscenza? A questo punto, Sutton ricorre ad una nozione di probabilità d’ordine elementare, spiegata solo come epistemica e relativa al soggetto [“The concept of probability will be employed heavily throughout the book, … Probability will function as something as primitive for me – but not a metaphysical primitive. […] probability as it occurs in the mind – in the content of beliefs.” p.12]. Infatti, per spiegare uno dei classici contro-esempi proposti da Gettier, precisamente quello dell’auto Ford1, Sutton suggerisce che il protagonista Smith ha conoscenza che qualche collega probabilmente possiede una Ford, ma tuttavia non è fornito di una giustificata credenza che qualche collega possieda una Ford [p.66]. Parimenti, egli spiega le credenze su basi esplicitamente statistiche, come nei casi delle perdite alla lotteria, oppure le credenze nelle teorie su basi esplicative. Anche a tal proposito Sutton sostiene che questi sono casi in cui vi è conoscenza fondata su probabilità. Infatti, egli afferma che in questi esempi parliamo approssimativamente quando attribuiamo giustificazione alla credenza in una proposizione, invece che ad una credenza in una proposizione che asserisca la sua probabilità [pp.11, 63-67].
Queste spiegazioni non sono psicologicamente plausibili. La conoscenza richiede credenza. Sembra di solito che nei casi pertinenti non abbiamo in mente alcun tipo di probabilità. Sutton, invece, è di parere contrario, egli afferma: “S believes that p entails that S believes that probably p.” [p.67]. Questa implicazione non regge. Se così fosse, per ogni credenza che abbiamo, C, avremmo tutte credenze del tipo: probabilmente C, probabilmente probabilmente C, e così all’infinito. Non possiamo credere in tutte queste proposizioni, per un semplice motivo: non siamo in grado di prendere in considerazione ogni proposizione accompagnata da un migliaio di probabilità iterate.
Questa difficoltà potrebbe essere evitata. Si potrebbe sostenere che in caso di evidente giustificazione senza conoscenza, siamo almeno in una predisposizione a conoscere la proposizione probabile. In taluni di questi casi manca la credenza. Tuttavia, la prontezza della persona nel conoscere la proposizione probabilmente-C è la pura e semplice verità che vagamente invochiamo assegnando una credenza giustificata a C.
Tuttavia vi è un problema di più facile soluzione. I dati intuitivi relativi alla giustificazione epistemica includono anche la variazione nella forza della giustificazione, cosa di cui Sutton non fa menzione. Infatti, la sua spiegazione al massimo arriva a dire che si ha apparentemente una più forte giustificazione per una proposizione invece che per un’altra quando la persona è nella condizione di conoscere una probabilità più elevata di una proposizione invece che di un’altra.
Il concetto di probabilità in questa presunta conoscenza necessita di spiegazione. Molti casi di giustificazione intuitivamente più attendibili non comprendono fonti apertamente statistiche che potrebbero dare contenuto a proposizioni di probabilità. Ciò è illustrato da innumerevoli esempi di giustificazione apparentemente più motivata tramite percezioni più chiare e ricordi più vividi. Non è chiaro quali tipi di probabilità comparative si potrebbero riscontrare in tali casi.
Inoltre, un altro dato intuitivo riguardo alla giustificazione epistemica è che attitudini diverse dalla credenza possono essere giustificate, per esempio: la sospensione del giudizio relativo ad una proposizione o l’avere un dubbio su di essa. Riguardo alla giustificazione in questi casi Sutton non fornisce spiegazione. La più semplice appendice fornita dall’autore alla sua teoria consiste nello spiegare la giustificazione nei suddetti casi basandosi sull’essere in una posizione che consente di conoscere altre proposizioni di probabilità. In altre parole, nel caso di una giustificata ἐποχή si avrebbe la situazione di una persona che è in condizioni di sapere che la proposizione e la relativa negazione sono equiprobabili. Invece nel caso del dubbio, si avrebbe la situazione di una persona che è in condizioni di sapere di qualcosa che rende la proposizione significativamente improbabile.
Una spiegazione plausibile di queste situazioni fa ricorso alla forza del sostegno probatorio. Il grado di probabilità epistemica di una proposizione per alcuni è determinato dalla fermezza del suo sostegno basato sulla prova che una persona adduce. La conoscenza in base ad una prova(CP), tuttavia, annulla questa spiegazione evidenzialista. Infatti, CP richiede che la prova addotta a sostegno di una proposizione sia in grado di fornire alla persona una conoscenza inferenziale della proposizione. Questo esclude l’esistenza di prove di debole sostegno, inadeguate per la conoscenza, che potrebbero dar luogo a probabilità più ridotte.
Nel parlare di probabilità, di predisposizione del soggetto sarebbe forse il caso di dare uno sguardo a quel motore ibrido qiale è il nostro cervello, che continuamente va avanti e indietro tra un calcolo ragionato e un’improvvisa intuizione. Ci sono studi recenti che studiano il sistema di alimentazione che è alla base delle prestazioni di tale motore. Wray Herbert [2008] rinviando alle conclusioni del lavoro di Masicampo e Baumeister [2008]: “These results show one way in which the body (blood glucose) interacts with the mind (self-control and reliance on heuristics)”, rileva che “This is not just a metaphor: they wanted to see if the brain’s supply of fuel – blood glucose – might determine whether we make logical choices or irrational ones.” Comunque, questo è un altro discorso, ora ritorniamo al testo in esame.
3. I quattro argomenti eretti a sostegno di G= C(GC) si trovano nel capitolo 2 ed essi, come sottolinea l’autore: “..stand alone; each is supposed to establish its conclusion without help from the others. Nevertheless, they also work together in demonstrating a number of diverse phenomena that are best explained by the hypothesis that justification is knowledge.” [p.43]
A mo’ di esempio riportiamo l’argomento dell’asserzione secondo cui un’asserzione di una Credenza Vera Giustificata (CVG) svolge così bene la sua funzione epistemica da essere considerata un’asserzione di conoscenza. Vediamo se abbiamo inteso il pensiero di Sutton:
– La prima premessa è data dalla “knowledge rule”2 per cui:

(i) un’asserzione è ineccepibile solo se asserisce conoscenza.

Per la reductio ad absurdum si assume che:

(ii) CVG è una credenza vera giustificata di Pietro di cui egli non sa (per es.: Pietro dà a Paolo una banconota falsa senza conoscerne la falsità – egli non sa che ignora di avere denaro falso, siamo in presenza di una credenza giustificata benché falsa).

– Una seconda premessa è:

(iii) Pietro asserisce p e Paolo sa che il contenuto dell’asserzione (CVG) è una credenza giustificata di Pietro.

– Una ulteriore premessa è:

(iv) Paolo accetta p (CVG) in base a prova testimoniale di Pietro.

– La seguente premessa si suppone che sia sostenuta, se non proprio implicata, dalle (ii)-(iv):

(v) Accettando la testimonianza di Pietro circa CVG, Paolo acquisisce una credenza in CVG ineccepibile dal punto di vista epistemico.

Ad ulteriore sostegno di (v) si sostiene da parte di Sutton che Paolo “will be healthier, wealthier, and wiser” [p.46] in conseguenza dell’aver accettato CVG.
– La premessa finale è:

(vi) Solo con una ineccepibile asserzione si trasmette una ineccepibile credenza.

Pertanto, in base a (i), (v) e (vi) si deduce:

(vii) L’asserire CVG è asserire conoscenza.

Tuttavia, la (vii) implica ~(ii), cioè, è falsa l’ipotesi di reductio che la credenza di Pietro in CVG è semplicemente una vera credenza giustificata e non conoscenza.
Pertanto da ~(ii) si deduce la conclusione:

(viii) La CVG è giustificata solo se si ha conoscenza di CVG.

A voler sottilizzare, si potrebbe evidenziare un punto debole in (vi) – l’affermare che solo una ineccepibile asserzione trasmette3 una ineccepibile credenza. Supponiamo che nella cerchia di miei conoscenti si sappia che io accolgo con piacere e sostengo con convinzione ogni notizia di tipo favorevole riguardo ad A. Presumiamo, inoltre, che i miei conoscenti siano a conoscenza del clamore suscitato dalle notizie riguardo ad A che un organo di stampa, da me solitamente letto, ha oggi irresponsabilmente pubblicato. Come lettore di quel giornale vengo a conoscenza delle suddette notizie e incontrando l’amico Mario gliele comunico. L’amico, conoscendomi, sa che io asserisco qualcosa di positivo riguardo ad A solo se vero. In virtù di questa dimestichezza con le mie idee e della accettazione di quanto da me asserito, Mario acquisisce una credenza epistemicamente ineccepibile riguardo al contenuto della mia asserzione. Rebus sic stantibus, io non avevo un fondamento ragionevole per la mia asserzione su A e tanto meno essa si poteva definire ineccepibile. Ergo, contrariamente alla premessa (vi), nel combinarsi di determinate circostanze un’asserzione imperfetta può trasmettere una ineccepibile credenza.

Conclusione

Without Justification merita di essere presente nella wish list di ogni epistemologo. Con questo testo Sutton lancia un’utile sfida all’ortodossia epistemologica sostenendo che una credenza è giustificata se e solo se quella credenza è equivalente a conoscenza. Egli difende (direi con successo) la sua posizione esternalista da una varietà di critiche internaliste e con accortezza utilizza validi punti di vista internalisti nella sua presentazione della credenza giustificata piuttosto che ricorrere a forme esternaliste quale, per es., il funzionalismo. Non si può negare che il modo in cui l’Autore tratta la giustificazione e la testimonianza, o propone la soluzione del paradosso della prefazione siano a dir poco non ortodossi, tuttavia ritengo che anche coloro i quali non concordano con le conclusioni del libro ammetteranno che quest’opera di Sutton giunge quale auspicato correttivo di quel gran numero di supposizioni date per scontate nella contemporanea letteratura epistemologica. Le intrepide difese di dottrine dissidenti meritano il massimo rispetto. Infatti, nel peggiore dei casi, possono fornire l’occasione ad una tradizione intellettuale di scuotersi e controbattere mostrando i muscoli; nel migliore dei casi, possono innescare una rivoluzione copernicana.

Bibliografia
Gettier, E. [1963], “Is Justified True Belief Knowledge?” Analysis 23: 121-123.
Sutton, J. [2005], “Stick to what you know” NOÛS 39:3 359-396.
Wray, H. [2008], “Mind: Why Multitaskers Fail”.
Masicampo, E.J. & Baumeister R. F. [2008], “Toward a Physiology of Dual-Process Reasoning and Judgment: Lemonade, Willpower, and Expensive Rule-Based Analysis” Psychological Science 19 (3), 255-260
Williamson, T. [2000], Knowledge and Its Limits, Oxford University Press, Oxford.

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