La città e l’ateneo di Laura

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Il primo luglio del 2010, a Catania, a pochi metri dall’ex Monastero dei Benedettini, oggi sede della facoltà di Lettere e Filosofia, la studentessa Laura Salafia veniva gravemente ferita da uno dei cinque colpi di pistola sparati da Andrea Rizzotti verso il pregiudicato Maurizio Gravino. La ragazza è tuttora sottoposta a una lunga e impegnativa riabilitazione presso l’ospedale di Montecatone, in provincia di Bologna, e, nonostante i progressi fatti registrare, è rimasta paralizzata dal collo in giù. Nei giorni immediatamente successivi all’aggressione, le istituzioni – comune e università in testa – avevano espresso l’intenzione di non abbandonare Laura e la sua famiglia; in realtà finora non si è visto alcun aiuto, nemmeno simbolico: a costituirsi parte civile al processo è stata soltanto la famiglia della vittima.

La studentessa vorrebbe proseguire la riabilitazione a casa, ma non dispone di un’abitazione adatta alle proprie attuali esigenze. Per aiutarla ad affrontare le spese relative alla rimozione delle barriere architettoniche e alle cure mediche è stato aperto il seguente conto corrente bancario: IT 85 F 01030 16918 000001267714, da intestare a Laura Salafia.

In ogni caso è già certo che l’imputato, già impiegato comunale, non potrà risarcire la vittima, perché risulta nullatenente. Chiare le parole pronunciate da Laura nel corso di un’intervista rilasciata a Michela Giuffrida (Telecolor): “Non provo rabbia per quanto mi è successo – spiega – è inutile, con la rabbia si vive peggio e io non mi posso permettere di vivere peggio di così”. Ma certamente può e deve provare rabbia il cittadino degno di questo nome che si renda conto che da allora l’ambiente in cui ha avuto luogo questo tentato omicidio non si è certo trasformato in un paradiso di legalità. Del resto, i sintomi di questo mancato cambiamento si erano manifestati sin da subito, quando i volantini con la foto della studentessa ferita rimasero esposti in segno di solidarietà sulle vetrine dei negozi della zona giusto per qualche ora. In un simile contesto culturale non può stupire più di tanto neanche il fatto che, nel corso del processo, l’avvocato difensore di Rizzotti chieda le attenuanti per il suo assistito, in quanto sarebbe stato provocato da Gravino. Solo nelle città normali può destare scandalo ritenere degno di attenuante sparare tra la gente perché in precedenza si è stati presi in giro. Ma le conseguenze di quel che è successo permangono nella loro tragicità e parlare delle cause è futile, come certi motivi – si usa dire così talvolta nei tribunali, quando vengono prese in considerazione le aggravanti.

Malgrado tutto, ci saranno sempre quelli contenti di vivere a Catania, “città del sole”, certo in un senso dell’espressione lontano da quello auspicato da Campanella.

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