Esisto perché soffro: la nausea di Sartre

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Perché sono qui? E perché non dovrei esserci?
J.P. Sartre, La nausea

L’esistenzialismo

Quella di esistenzialismo è una definizione utilizzata in molti libri e articoli spesso in modo impreciso. Ciò avviene non per una forma di ignoranza di chi scrive, quanto per il fatto che l’imprecisione, l’eterogeneità e l’indeterminazione sono costitutive di questa corrente. La corrente esistenzialista ha fatto oggetto della propria riflessione l’esistenza umana e, proprio perché quest’ultima è complessa e indefinita, lo è anche la materia che se ne occupa. Non a caso, tema principale delle opere letterarie esistenzialiste è il vuoto, l’impossibilità di conoscere il vero, che spesso conduce a un profondo pessimismo.
Questo immenso abisso in cui si sprofonda analizzando l’esistenza è spalancato sempre da una sola e pur semplice domanda: che senso ha l’esistenza?

E tuttavia, è proprio tanto necessario mentire a se stessi?

Jean-Paul Sartre è sprofondato nell’abisso insieme ad altri pensatori e, come del resto nessun alto, non ha trovato una vera risposta alla domanda. Forse, però, ha risposto a un altro importante quesito: come sopportiamo di non sapere quale sia il senso dell’esistenza?

Ho bisogno di ripulirmi con pensieri astratti, trasparenti come l’acqua.


Un romanzo non romanzo

Individuare una trama vera e propria ne La nausea è pressoché impossibile. Eppure probabilmente è proprio questo il valore dell’opera. Umberto Eco, in una conferenza ad Harvard, ha parlato di come a volte le opere tentino di simulare il caos della vita vera e quotidiana, anziché costruire opere perfette e controllate in cui tutto sembra perfettamente lineare e definito. Si può supporre che questo romanzo di Sartre sia proprio un tentativo rivolto in tale direzione, ossia rappresentare il caos dell’esistenza e dei pensieri di un uomo che vive, ma suo malgrado pensa. Tanto più che il protagonista stesso, Antoine Roquentin, si trova a dover compiere una ricerca su un personaggio storico, compito a cui si aggrappa a volte per distrarsi, ma non sempre riuscendoci. La sua scrittura è però una ricerca costante di spontaneità e verità, il protagonista vuole andare oltre la letteratura fittizia.

Io non ho bisogno di far delle frasi. Scrivo per mettere alla luce certe circostante. Diffidare dalla letteratura. Bisogna scrivere tutto come viene alla penna, senza cercare le parole.


Che cos’è la nausea?

Nel definire il concetto di nausea in Sartre si incappa nella stessa trappola del definire l’esistenzialismo. Trattare di una sensazione così complessa è complicato esattamente quanto ciò di cui si vuole parlare. Sicuramente essa riguarda un atteggiamento psicologico di disgusto per ciò che ci circonda e conduce l’uomo a vivere passivamente, come se il mondo stesso lo opprimesse e rendesse sempre più prigioniero. Per Sartre, infatti, la libertà è negativa, poiché è di fatto falsa e basata sul nulla: in L’essere e il nulla, infatti, egli mette in evidenza come non siamo liberi di non essere liberi. Dobbiamo per forza affrontare la realtà e questo ci procura ansia e angoscia.

Esistiamo perché pensiamo

Sartre cita il cogito cartesiano e come Cartesio sostiene di essere consapevole della propria esistenza sulla base del proprio pensare. Tanto più che Roquentin si ritrova a pensare in continuazione fino a torturarsi.

Il mio pensiero sono io: ecco perché non posso fermarmi. Esisto perché penso… e non posso impedirmi di pensare. In questo momento stesso – ed è spaventoso – se esisto è perché ho orrore di esistere. Sono io, io che mi traggo dal niente al quale aspiro: l’odio, il disgusto di esistere sono altrettanti modi di farmi esistere; di affondarmi nell’esistenza. I pensieri nascono dietro di me, come una vertigine, me li sento nascere dietro la testa… se cedo, mi arriveranno davanti, tra gli occhi – e io cedo sempre, e il pensiero s’ingrossa, s’ingrossa ed eccolo, immenso, che mi riempie, tutt’intero e rinnova la mia esistenza.

La lotta contro questi pensieri è una lotta contro i demoni del passato e contro quella sensazione di nausea che attanaglia Roquentin. Alla fine, egli comprende una cosa importante, che è giusto non anticipare per far gustare la lettura a chi ancora non la avesse apprezzata.
Va sottolineato il valore che il protagonista assegna alla scrittura, al pensiero e al pensare in sé. È la nostra coscienza a costruire la nostra esistenza, per quanto piena di sofferenze. È forse proprio nel nostro nulla che riusciamo a essere qualcosa.

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