Dialogo con il Nulla

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Arrivare fino a Chimborazo (Ecuador), in quella che è considerata la montagna più alta del mondo rispetto al centro della terra, è stata una vera impresa, ma ne è valsa la pena. Quassù, di fronte al panorama rarefatto, ci si sente come il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich. Ero sicuro di trovare “Lui” e così è stato e questa che vi racconto è la cronaca di quell’incontro.

{Di seguito, I sta per me, quale interrogante; N sta per Nulla}

I = Vostra Eccellenza, so che ci siete, da tempo mi ero proposto di fare due chiacchiere con Vossignoria

N = Chi sei? Come hai fatto a trovarmi?

I = Mi considero un viandante, un cercatore di verità. Come l’ho trovata? Per inferenza. Il luogo più in alto rispetto all’Equatore ho ritenuto che fosse quello che più mi collegava allo spazio sterminato dove l’essere sembra naufragare. Il Nulla non poteva che esservi prospiciente

N = Sei una persona acuta, non c’è che dire. Collezioni verità dunque, piccole verità, presumo, o cerchi la chiave di volta, una legge universale?

I = Non credo che nessuno di noi sarebbe capace di possedere una Verità assoluta, sarebbe come entrare nella mente di Dio. Agostino d’Ippona diceva non casualmente: Si comprehendis non est Deus. È un problema di capacità, nel senso fisico di volume. Un vaso non può contenere l’oceano, non ho questa velleità e non sono neanche convinto che ci gioverebbe. Però tante piccole verità possono essere come delle otri riempite da una sorgente d’acqua, buone per dissetarci nel deserto dell’anima

N = Sei convinto dunque che io possa soddisfare la tua sete sia pur parzialmente? Lo pensi davvero?

I = Diciamo che lo spero fortemente.

N = Mah, potrebbe anche essere divertente. Lascia però che io sia molto franco: il vostro peccato originale è quella dannata convinzione che l’uomo sia misura di tutte le cose. Curioso che la misura di tutto abbia un ego smisurato e spesso non sia manco capace di misurare. Prendiamo il vostro rapporto con gli altri del regno animale. Ecco, l’uomo si ritiene il più intelligente tra le moltissime specie esistenti sulla terra per via della sua capacità di comunicare tramite il linguaggio. Ma vi è mai sfiorata l’idea che un lombrico o un facocero non abbiano alcuna voglia di parlare con voi? Uno tra voi ha scritto efficacemente che i cavalli non scommettono sugli uomini.

I = Suvvia, adesso è irridente. In fondo nei suoi riguardi siamo sempre stati morigerati e pieni di considerazione.

N = Dici davvero? Tutta la vostra tradizione filosofica mi ha trattato alla stregua di un “non concetto”. Giacché “l’essere è e il non essere non è” sic et simpliciter, esautorato! Intere discipline dalla logica alla vostra gaia Scienza si fondano su questo o no?

I = Beh, però una domanda filosofica che attraversa diversi autori, da Leibniz a Schelling fino ad Heidegger è proprio: “Perché c’è qualcosa piuttosto che niente?”. Una timida possibilità di darle “essenza” o, se vuole, “nientità”…

N = Non provare a barare con me. Tutte le volte che mi avete evocato, è solo e soltanto per asseverare l’altra facie. Conosco le vostre improbabili massime: Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu, o Nihil est sine ratione, per dire, nella sintesi delle sintesi, che ha la pretesa di annichilire financo il Nulla che, per l’appunto, “Nulla viene dal nulla”. Sarei dunque finzione, ombra, utile idiota

I = Non è esatto, eminenza. Nella teologia cristiana Dio crea dal Nulla

N = Bel rompicapo. Se Dio, di cui non parlerò, prende la sua “materia” dal Nulla per creare l’esistente, sarà anche lui in una qualche parentela con me? E il Nulla, ergo, sarebbe preesistente all’essere, tranne che all’essere divino? Due sommi principi dunque coeterni? Ti pare possibile?

I = Sua Grazia sta cercando di confondermi. Nel nostro sistema il principio di non contraddizione funziona discretamente. Proviamo a vivere etsi Nihil non daretur.

N = C’era uno, molto raffinato, che di me parlava in modo lusinghiero, certo umanamente quindi in modo assai claudicante, ma aveva delle buone intuizioni. Forse il più ardito nell’applicare il vostro beneamato principio di non contraddizione. In un cantico faceva dire al gallo silvestre che se il non essere non può morire, quello che muore se è essere deve provenire dal non essere.

I = Parla del nostro maestro Leopardi.

N = Proprio lui. Avere carpito la vacuità del tutto mi ha in qualche modo risarcito da secoli di ostracismo ermeneutico.

I = Ammesso e non concesso che tutto è vanità perché la vocazione intrinseca delle cose è quello di perire, a che dunque lo spreco di tanta entità?

N = Ecco vedi, ti stai ergendo a giudice universale perché nel tuo sistema non si conciliano caso e necessità. Eppure, prova a pensare, nel vostro universo raziocinante esistono fenomeni come la rifrazione, la sincope, l’improvvisazione o la tachicardia, tutte forme divergenti perfettamente inserite nel sistema.

I = Sta dicendo che l’essere è un frammento sfuggito all’eterno Nulla? Una divagazione?

N = In una certa guisa, latu sensu, solo per dare qualche indizio a te mortale. Il paradosso, a proposito di quest’ultima apposizione che ben vi si addice, è che voi vi preoccupate del vero e del falso, ma come è stato detto molto efficacemente, dimenticate di cosa è vivo e cosa è morto. Andate ogni notte a dormire per imparare a morire, intanto vi eccita oltremodo quel “frattempo” che è onomatopeicamente molto prossimo al frammento. Avete pensato di bandirmi eppure io sono presente in ogni dove.

I = Siete presente per differenza, contrasto. Come la notte che esalta il giorno.

N = Davvero? L’universo non è forse dominato dal principio entropico? Uno dei massimi teorici della termodinamica, tal Clausius non aveva forse dimostrato che nella cessione di calore da un corpo caldo ad uno più freddo in un sistema chiuso, v’è una costante dissipazione di energia? Ecco la dimostrazione plastica che mi sto riprendendo quello che era mio, per gradi.

I = Se questo è il nostro destino, ebbene noi non ci inchiniamo come il fiore del deserto del nostro maestro Leopardi.

N = Queste sono semplificazioni dialettiche. La vera questione è che voi vi sentite parte di una battaglia nella quale vi siete arrogati il diritto di cooptare il vostro avversario immaginario, chiamato ad un tempo Destino, Morte, Caso che turba il vostro eudemonismo. Non vorrei frustrarvi oltremodo dicendo che, in somma parte, tutta la realtà è immersa in processi per lo più casuali.

I = Scusi eminenza, questo freddo mi attanaglia le ossa e il tremolìo mi fa balbettare, temo di non potere più resistere a queste altezze e alle sue asprezze. Mi mostri la sua faccia e capirò tutto.

N = Sei sicuro di volerla vedere?

I = Non chiedo di meglio

N = Avvicinati al laghetto ghiacciato dietro di te e guarda dentro, non ti piacerà quello che vedrai, sei avvisato

Faccio pochi passi mentre si sta levando una tempesta di vento che mi fischia nelle orecchie. Guardo dentro, vedo… il mio volto! Una fragorosa risata echeggia mentre si dirada da me.
Mi sveglio di sobbalzo. Sono madido di sudore e il cuore è a mille. È buio, sono nel mio letto. Sono frastornato, ma l’intenzionalità della mia coscienza mi dice che posso ancora scommettere sull’essere delle cose. Prima che il Fantasma si ridesti.

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