Offline. La noia ai tempi del coronavirus

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La diffusione del coronavirus ha posto sotto assedio l’intero Paese, costringendo milioni di persone in isolamento. Ci ha obbligati ad affrontare non solo la precaria e fragile condizione dell’esistenza umana, ma anche la noia – intesa qui come incapacità di gestire sé stessi e il proprio tempo –, ha messo in risalto la futilità di tante nostre attività e della loro natura strumentale, consistente nel tenerci distanti da quel vertiginoso vuoto che ognuno è per sé stesso.

In un’epoca che trova nell’iperconnessione una delle sue cifre distintive, la reclusione forzata dovrebbe rappresentare un’occasione per riappropriarsi del proprio tempo e vivere a un ritmo più umano le nostre vite.
Internet e i social media ci hanno insegnato a riempire ogni singolo momento vuoto della giornata, ogni minuscolo frammento di tempo, tanto da farci ritenere la noia come un virus da debellare, eppure resta una condizione esistenziale persistente. La noia è la nostra incapacità di essere protagonisti, attori principali, di quello spettacolo che è la nostra esistenza; depriva gli uomini della forza e costringe all’impotenza. Noia come apatia, come dilatazione del tempo, senso di indifferenza e attesa passiva, che isola dal mondo. La perdita di contatto con il pensiero determina uno svuotamento della realtà, il mondo non riesce più a offrire niente di sufficientemente gratificante; il campo esistenziale si stringe, gli stimoli esterni sono scarsamente percepiti e il mondo interno diventa silenzioso. Lo stato di noia è una perdita di senso del mondo esterno, del proprio progetto di vita e di sé.

La causa non è solo una frattura relazionale, ma è anche il derivato di un’organizzazione, in cui l’individuo salva parzialmente sé stesso, distorce il sistema interpretativo della realtà esterna, privandola di ogni valore, interesse e appetibilità: è il mondo a essere noioso, non l’uomo a essere annoiato.

Il bisogno di distrazioni, di riempitivi per non sentire il vuoto, il correre frenetico sono possibili manifestazioni di noia. La totale assenza di occupazione è intollerabile per l’uomo, che in simili circostanze percepisce la sua nullità e inutilità, riflette sulla propria condizione, sulla propria natura e prende atto del carattere drammatico, e sterile della sua esistenza. Pascal usa l’espressione divertissement, distrazione, e spiega che serve all’uomo per distogliere lo sguardo dalla propria pochezza, è una fuga da noi stessi, da quel che siamo, dalle domande ultime che dovrebbero abitarci in tutta la loro fecondità. Ci perdiamo tra le futilità, che inutilmente, speriamo possano colmare questo nostro deficit costitutivo, alla ricerca di valori grazie ai quali sentirci appagati. La continua distrazione della nostra anima finisce solo per impedirci di vivere il presente in tutta la sua pienezza, abitati dalla noia, che svela la nostra strutturale condizione di esseri contingenti. Si vive come oggetto passivo e non soggetto creatore della propria vita.

L’individuo annoiato non mette in campo energie, risorse, desideri; per desiderare ci vuole responsabilità e iniziativa, e l’iniziativa è solo di colui che accetta di farsi Soggetto, in una relazione cooperante con l’Altro da sé.
Accettare la propria impotenza, tollerando la fragilità umana senza abbandonarsi all’inutilità, recuperando il senso del proprio agire. Chi accoglie il dubbio e ne accetta il tormento, può raggiungere il proprio senso della vita.

La percezione della noia ci comunica che abbiamo smarrito il significato della vita. Avvertire questo disagio permette di creare un’esistenza percepita come piena di senso. La possibilità di sentirsi invasi dalla noia e di comprendere il significato diventa uno strumento utile nella relazione tra Sé e l’Altro da Sé .

Attraverso il vuoto, può prendere vita la rappresentazione del proprio progetto esistenziale, per poterlo ri-significare, recuperando la responsabilità del desiderio.

La noia costituisce una delle possibili forme di passaggio fra l’inconsapevolezza e la necessità di dare un significato alla propria esistenza. Diventa un’occasione, quando si riesce a riorganizzare la trama sfilacciata della propria esistenza. In quest’ottica, la noia, è un momento di potenzialità.

L’uomo abbandona forme di esistenza da cui sente una frattura, uno svuotamento, e attraverso una spinta introversiva si rinnova.

Il bisogno di stabilità, perché sia reale, chiede che i progetti vengano costantemente ri-significati. L’antidoto alla noia è una relazione dell’uomo attenta al proprio desiderio, assumendosene la responsabilità; dove il vissuto non è solo caratterizzato da grande energia, ma è accompagnato da un intenso bisogno di condividere, porta con sé l’Altro, compare una gratificazione reciproca, nella quale ognuno nutre l’altro.

L’individuo abbandona la pretesa che sia il mondo a determinare la propria esistenza, per avviarsi verso la possibilità di rideterminarsi, un uomo che si pone in relazione con ciò che lo circonda, in una connessione autentica, che riesce ad auto-legittimare i propri desideri, i propri pensieri, nonostante la finitudine.
Ogni evento nasconde in sé un’occasione e questa esperienza di isolamento costituisce una preziosa possibilità di prendere coscienza di ciò che è veramente importante: gli altri, la socialità, quello stare insieme che oggi ci è precluso, ma per il quale sentiamo un’implacabile nostalgia.

La normalità, che tanto ci manca, può essere arricchita da un’attenta riconsiderazione della nostra quotidianità.
Il lascito costruttivo consiste nel ristabilire le priorità, nel promuovere la possibilità di rinnovamento e ristrutturazione di sé, per guadagnare una reale connessione con sé stessi e con gli altri.

 

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Bibliografia:

  • E .Lèvinas, Il Pensiero dell’altro, Lavoro, Roma 1999
  • E. Lèvinas, Il Tempo e l’Altro, a cura di F.P. Ciglia, Il Melangolo,1997
  • B. Pascal, Pensieri, Edizioni Utet, Milano 2014
  • A. Camus, (1947), La Peste, Tascabili Bompiani, Milano, 2009.
  • V. Frankl, La sofferenza di una vita senza senso. Psicoterapia per l’uomo d’oggi, Editrice Elle Di Ci, Torino, 1982.
  • R.R. Greenson, “La noia” articolo in Noia e Apatia, Bollati Boringhieri, Torino, 1993.
  • R. R. Greenson, “L’entusiasmo” articolo in Entusiasmo, fiducia e Perfezione, Bollati Boringhieri, Torino, 1993.
  • C. Maggini, Dalle Luche, Il paradiso e la noia, Bollati Boringhieri, Torino, 1991.
  • J.P. Sarte, La Nausea, Einaudi Tascabili, Torino, 1990.

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