Petronio arbitro d’eleganza e di letteratura

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Non ti devi dunque stupire, se oggigiorno la pittura è bella e defunta, dato che a tutti, dèi e uomini, pare più attraente un mucchio d’oro che qualunque capolavoro di Apelle o di Fidia, che ci fanno proprio la figura di essere dei Grechetti dalla testa matta.
(Petronio, Satyricon)

 

Petronio è uno degli autori più importanti della letteratura latina di età Imperiale. Attorno al suo nome vi è un grande mistero: ancora oggi non è chiaro ai filologi se il Petronio Arbitro della corte di Nerone sia lo stesso Petronio a cui si attribuisce la paternità del Satyricon, una delle opere più importanti della storia della letteratura latina. È ancora aperta la cosiddetta questione petroniana, che comunque vede prevalere l’ipotesi che le due persone coincidano. A parlarci di un Gaio Petronio che visse ai tempi di Nerone è innanzitutto lo storico Tacito, in particolar modo negli Annales, dove lo descrive come un uomo dedito ai piaceri della vita, che aveva una grande popolarità soprattutto presso la corte di Nerone ed entrò facilmente nella cerchia dei suoi favoriti. Come ben sappiamo, dopo il cosiddetto “quinquennio felice”, secondo alcuni istigato dalla nuova moglie e dal prefetto del pretorio Tigellino (a cui Petronio era inviso), Nerone cambiò atteggiamento nei confronti di molti, tra i quali Seneca e Lucano, per cui anche Petronio ebbe una sorte non proprio fortunata. Così Tacito descrive la sua morte:

 

In quei giorni Nerone si era spinto in Campania, e Petronio, spintosi fino a Cuma, venne qui trattenuto. Egli non sopportò di restare oltre sospeso tra la speranza e il timore; non volle tuttavia rinunciare precipitosamente alla vita; si tagliò le vene e poi le fasciò, come il capriccio gli suggeriva, aprendosele poi nuovamente e intrattenendo gli amici su temi non certo severi o tali che potessero acquistargli fama di rigida fermezza. A sua volta li ascoltava dire non teorie sull’immortalità dell’anima o massime di filosofi, ma poesie leggere e versi d’amore. Quanto agli schiavi, ad alcuni fece distribuire doni, ad altri frustate. Andò a pranzo e si assopì, volendo che la sua morte, pur imposta, avesse l’apparenza di un fortuito trapasso. Al testamento non aggiunse, come la maggior parte dei condannati, codicilli adulatori per Nerone o Tigellino e alcun altro potente; fece invece una particolareggiata narrazione delle scandalose nefandezze del principe, citando i nomi dei suoi amanti, delle sue prostitute e la singolarità delle sue perversioni: poi, dopo averlo sigillato, lo inviò a Nerone. Spezzò quindi il sigillo, per evitare che servisse a rovinare altre persone.

 

Petronio veniva chiamato elegantiae arbitrer, arbitro d’eleganza, una personalità originale ed eccentrica che divenne punto di riferimento per Nerone e giudice di Estetica. È per questo che viene considerato il primo dandy della storia, che ben prima di Oscar Wilde aveva fatto suo il motto “o si è un’opera d’arte o la si indossa”. Chiunque sia davvero quindi questo Petronio, la sua personalità potrebbe emergere dal Satyricon – in cui effettivamente ritroviamo alcune usanze e riferimenti che rimandano all’età neroniana –, opera che ebbe una notevole popolarità. Federico Fellini ne trasse un film in cui rende giustizia all’opera mostrandone le caratteristiche anche più grottesche. Molto prima di Fellini, tanti sono stati gli omaggi e i riferimenti a questo autore, che è riuscito a resistere ad una tradizione filologica travagliata e composita, non solo riguardo alla paternità dell’opera, ma anche comunque per i pochi elementi che ci sono pervenuti – anche se, per esempio, la cena di Trimalchione, celeberrimo episodio, ci è pervenuta interamente.

La popolarità del Satyricon di Petronio raggiunge il massimo splendore nel Settecento quando l’opera di Petronio fu molto letta e amata, soprattutto poiché veniva considerata un modello di scrittura precisa e veritiera. Come ben sappiamo, il Satyricon costituisce un esempio di forte realismo in cui l’autore non interviene mai a dare un giudizio morale nei confronti dei personaggi, alla guisa dei grandi narratori del Naturalismo francese. In questo senso si è parlato del Satyricon come primo esempio di romanzo moderno occidentale. Romanzo nel senso contemporaneo del termine, ma anche perché di fatto costituisce la parodia di quel romanzo greco che narrava un triangolo amoroso. Se il romanzo greco si concentrava infatti sull’amore tra uomo e donna, l’opera di Petronio riporta in maniera parodistica e sarcastica un triangolo omosessuale. La comicità realistica del lavoro di Petronio è ottenuta anche grazie a una contaminazione di generi letterari: partendo dalla parodia del romanzo erotico greco fino alle fabulae milesiae, le novelle di Aristide di Mileto a cui si ispira. Anche per questo la critica ha avuto notevole difficoltà a catalogare quest’opera in un genere ben preciso.

Un modello fondamentale per la letteratura successiva a Petronio, a proposito delle fabulae milesiae, è costituito dai racconti presenti nell’opera, aneddoti narrati durante il famoso banchetto a casa di Trimalchione, celeberrimo La Matrona di Efeso che in maniera brillante Fellini ha riportato nel suo film. Ogni aneddoto ci fornisce un apparato critico interessante sulle leggende e i miti dell’epoca di Petronio. Ad esempio il racconto delle streghe o del lupo mannaro, simboli di una tradizione fatta di mostri e misteri dalla quale deriva il nostro modo di concepire questi personaggi.

Il racconto come intermezzo costituisce, però, soprattutto un brillante espediente letterario di cui si farà largo uso per tutta la storia della letteratura: rende più dinamica la storia e permette di sviluppare altre vicende all’interno della trama. Il romanzo a incastro è del resto una peculiarità de I Promessi sposi di quel Manzoni che peraltro amò molto il Satyricon, tanto che intitolò uno dei suoi sermoni poetici giovanili Panegirico a Trimalchione, riferendosi proprio al Satyricon.

Dunque è l’augusta pianta! Or dove sono
Gli sperati nipoti ed il promesso
Trimalcione? E tu il comporti, o Giove?
Ma che favello io stolto? Ecco, oh stupore!
(Alessandro Manzoni, I sermoni)

Se parleremo di incastro per Manzoni, Petronio aveva fatto del labirinto la struttura fondante del suo “romanzo”, un viaggio labirintico che sembra non avere mai fine.

Tuttavia, se dobbiamo indicare chi è l’autore che amò più incondizionatamente Petronio, dobbiamo spostarci nel Decadentismo, quando il dandy ante litteram affascinò profondamente Joris-Karl Huysmans. Nel romanzo considerato il vero manifesto del Decadentismo, Controcorrente, il protagonista legge proprio il Satyricon definendolo un “romanzo verista” che mostra la vera vita romana. Modello di wildiana memoria, lo ritroviamo anche nel capolavoro Quo Vadis? di Henryk Sienkiewicz, sia nel libro, sia nel film, come figura sarcastica e saggia.

Nerone: «Petronio… sei forse un cristiano tu?»
Petronio: «Non lo sono. I cristiani insegnano ad amare il prossimo. Vedendo cosa sono gli uomini, non posso in fede mia amare i miei simili».
Quo Vadis?(film 1951)

Petronio continua dopo secoli, attraverso tante altre voci che hanno ripreso la sua, a mostrare la società nuda e cruda, con comicità, realismo e gusto. Senza esprimere mai il suo personale giudizio, ha mostrato con grande eloquenza fin dove poteva spingersi il malcostume e la decadenza. Un quadro che, purtroppo, risulta fin troppo attuale anche oggi. Dopo così tanto tempo, rimane un arbitro per tutti noi.

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