L’Adolescente immortale

Tratto da a P. Klossowki, "L'Adolescente immortale", Bollati Boringhieri, Torino 1997 , pag. 115
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Attraverso la figura del fanciullo immortale, il mondo parla di se stesso, della sua infanzia e della sua nascita, del suo esistere immutabile e ciclico, della seduzione perenne che esercita sugli uomini. Egli non è dunque parte costituita del mondo, ma costituente, non copia di un fatto naturale, ma simbolo e ragione spirituale di esso. Come il suono unico, originario, che contiene in sé, nella sua natura assoluta, la possibilità simultanea di tutti i suoni, Ogier [l’Adolescente immortale] raccoglie in se stesso, nella sua natura esorbitante, tutte le tendenze psichiche e le forme di vita che si manifesteranno nella sua storia.

Colore neutro, anima che ognuno può indossare, egli è l’immagine dell’età della vita distaccata dalla nozione di tempo. Quando in Grecia un dio appare fanciullo in mezzo agli altri dèi adulti, questo non è un segno di inferiorità di quel dio rispetto a quelli, ma il sintomo dell’epifania del fanciullo divino. Zeus stesso, nella sua natura arcaica, preolimpica, non è padre, ma fanciullo, il più grande fanciullo, méghistos koúros, l’adolescente perfetto dell’età dell’oro. Così l’esser fanciullo non esprime l’età biologica, ma la pura essenza del dio.

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