3. «Animali beati»

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RADIOLAB – Il dormiglione
Stagione invernale. Puntata 3 – 15 ottobre 2012

La terza puntata della stagione invernale (in studio: Tony Falbo e Donatella Fiore, in compagnia dei «Fastidiatori»), purtroppo, non è stata registrata per un problema tecnico. Ci riproponiamo di riprendere questo argomento in una prossima puntata, tuttavia abbiamo deciso di riportare qui di seguito il testo che avevamo scritto per l’occasione (si tratta di appunti, più o meno fedelmente poi citati in diretta). Riportiamo piuttosto il video di cui tratta la puntata: il documentario Earthlings («Terrestri»), una versione con i sottotitoli in italiano.
Si segnala che all’inizio di questa puntata si fa preciso riferimento a quanto detto nella nona della stagione estiva (Dall’«atollo del Fastidio»), cui si rimanda.

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DD: Nell’atollo del Fastidio abbiamo detto di aver incontrato il “cinghiale pensatore” e siamo disposti a confermarlo oggi. E di lui, in qualche modo, vorremmo parlare un po’. Va subito premesso che quando Cateno m’ha visto inseguirlo e mi ha ripreso pensando che volessi acciuffarlo, ricordandomi anche che siamo entrambi vegetariani – ecco vorrei precisare che non volevo affatto acciuffarlo e che so benissimo di essere vegetariano. Cercavo solo di capire qualcosa della natura, volevo parlare un po’ con lui, volevo intrattenermi sull’atollo a discutere col cinghiale pensatore – che ovviamente si trova dovunque sulla terra, mica solo sull’atollo del Fastidio – ma dimenticavo, invece, un’altra cosa: che con gli animali è impossibile, inutile parlare. Con un animale non puoi scendere a patti, se ti vuole mangiare non puoi far altro che difenderti con le mani; se è costretto a insegnarti qualcosa sulla vita e sulla natura non lo fa parlando, anche perché le parole non insegnano mai niente. Le parole evocano, le parole sono nostalgiche e basta. Noi viviamo di nostalgia, gli animali vivono (punto). «Non di solo pane vive l’uomo» dice il Vangelo, il Vangelo che dei porci ricorda solo la possessione demoniaca o dei pesci ricorda che si moltiplicano sulle tavole alle nozze. Ebbene, l’animale non vive né di pane né di spirito – l’animale riesce a vivere senza dover aggiungere alcun complemento, o alcun condimento alla vita. Non gli serve il sale.

CT: Dalle mie parti quando si includono tutti indiscriminatamente si dice “puorci e parrini”; i vangeli, appunto, riservano un trattamento duro a “porci e parrini”. In ogni caso, oltre a pesci e maiali, si parla degli uccelli, ricordati perché “non devono far nulla”, specchio fedele della condizione angelica: cos’è la beatitudine? Il godere nel non fare un cazzo. L’angelo è beato perché gode nel non fare nulla – angeli con le ali da uccelli, sirene, centauri; la beatitudine angelica o la serenità sirenica si hanno quando l’uomo ridiventa animalizzato.

DD: Il paradiso, tra l’altro, è «il giardino degli animali», come dice Hegel nella Fenomenologia… Dunque, mi intrattenevo col cinghiale pensatore e mi ha fatto riflettere sul fatto che gli animali non parlano, ma vivono. Ecco, se l’uomo è l’animale parlante, allora l’animale è l’uomo vivente. Quello che pensiamo è che gli animali non pensino perché non parlano. Ecco il grande errore. E pensare significa sentire, avvertire, provare, patire. Questo è pensare le cose: patirle. Non c’è altro da dire.
Anche grandi zoologi cadono in questo errore. Mi è venuto in mente Konrad Lorenz. Nel suo bel libro L’anello del re Salomone, uno dei tantissimi motivi per cui sono vegetariano, dice una cosa del genere: che ci sono animali che soffrono a star chiusi in gabbia o in stretti recinti allo zoo, – quel meraviglioso parco divertimenti in cui una volta l’uomo fu rinchiuso (l’Eden) ma che ora crede di andare a visitare di tanto in tanto, quando più gli piace, – e poi ci sarebbero invece animali che non ne soffrono più di tanto, perché sono «pigri» di natura e cose così. Geniale, questo passaggio. Ad esempio, per i cigni selvatici, ecco cosa dice Lorenz: «Come la maggior parte degli uccelli acquatici, nei giardini zoologici anche questi animali vengono amputati dell’estremità di un’ala per essere resi permanentemente inabili al volo. Gli uccelli non si rendono ben conto che non potranno volare mai più, e ci si provano sempre di nuovo. Io non posso sopportare la vista degli uccelli acquatici mutilati all’ala: la mancanza della sua estremità e lo spettacolo ancor più triste offerto dall’uccello quando apre le ali mi rovinano tutta la gioia che mi procurerebbero quegli animali, anche se appartengono a una specie che psichicamente non soffre per la mutilazione». Ecco la vigliaccata scientifica: credere a due animali di cui uno soffre, l’altro no. Possiamo prendercela comodamente con l’uno, l’altro sarebbe meglio lasciarlo stare (pare male).
La prospettiva cambia radicalmente a sentire due cose: da un lato, dei profondi e interessanti studi etologici che attribuiscono la capacità di sentire dolore da parte di molti più animali di quanto si pensi; dall’altro, il barlume della ragione non scientifica. Dico che stare a sentire semplicemente quel briciolo di umanità che ci resta – intesa non come “la gloria dell’universo” ma come specie tra le altre – basterebbe a capire che gli animali non si toccano. Come non tocchiamo i morti (pare male), non dovremmo toccare i vivi. Non ci tocca.
Suggerisco la visione di un film documentario che, a dispetto di tanti altri, non le manda a dire: “Earthlings”. In rete se ne può vedere una versione con i sottotitoli in italiano.

CT: Ecco, lì si parla dei cinque modi in cui l’essere umano utilizza l’animale: compagnia, cibo, vestiti, intrattenimento, sperimentazione. Sconsiglio la visione a chi voglia restare nella beata ignoranza; anche l’ignoranza è una condizione della beatitudine angelica. Lucifero è l’angelo che fa domande, che vuole sapere. Allora quando ragioniamo siamo tutti angeli dannati, che si agitano, che vogliono sapere, che vogliono agire. L’angelo è beato perché non fa nulla e non sa nulla. Quando ci cibiamo degli altri animali già pronti nei supermercati, usufruiamo di una alimentazione angelica, che non sa nulla e non fa nulla: non uccide gli animali e non sa come vengono uccisi. Li assimila, li inghiotte, li digerisce, li espelle. Per questo il cibo rende felici.
Tuttavia, noi non siamo animali inconsapevoli della barbarie. Un giorno forse ci desteremo da questo torpore e ci accorgeremo che l’olocausto più furioso e spaventoso è ancora in atto e avviene ogni giorno. Noi non possiamo essere angeli inconsapevoli; siamo poveri diavoli dannati, perché non possiamo ritornare all’innocenza con cui un leone insegue una gazzella. Non si può tornare indietro. Ci può tornare qualcuno, attuando una scelta di vita anomala nelle condizioni di oggi. Ma nel complesso, siamo in questo mondo; c’è solo questo mondo. Nel mondo o ci si sta o non ci si sta; significa: o si vive o si muore. Pure quando io decido di andare a scannare una mucca con il mio coltello per la mia sopravvivenza, ormai c’è in quest’atto una consapevolezza luciferina, una dannazione che esclude l’innocenza. Non c’è rimedio. Tutta l’umanità non dovrebbe mangiare animali. C’è qualcuno tra voi che lo crede possibile? Io no.
Non è questione di malvagità dell’uomo. Se altri animali fossero nelle nostre stesse condizioni, probabilmente farebbero lo stesso. È solo questione di rapporti di forza e di tecnica. Abbiamo più forza, nel senso che siamo improntati dalla tecnica, che ci fa disporre quasi di ogni cosa a nostro piacimento. Questo fa di noi animali luciferini, senza rimedio.

DD: Non c’è il tempo per dire le cose che vengono spiegate illustrate mostrate lì dentro, ma si possono condensare in poche parole: che cos’è l’essere umano? Una merda.
È una merda chi parla, è una merda chi sente, è una merda il vegetariano, è una merda il cacciatore, è una merda chi va al supermercato, è una merda chi non ci va, è una merda chi non vede quel film, è una merda chi lo vede.
Qual è la differenza tra tutte queste merde? Che c’è chi lo sa e c’è chi non lo sa. Di esserlo, dico.
Quando si deve misurare quanto vada male il mondo, la prima cosa da fare è dire: quanto sono merda io che parlo e che scrivo?
Io perché scrivo? Tony, lo vuoi sapere? Io scrivo per dimenticare di essere umano.
Scrivo e sottoscrivo, che scrivo per dimenticare di essere umano.

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