Elogio dell’anarchia

Ortica Editrice, Anzio-Lavinio (RM) 2019
Leave a comment

Se credete che il dibattito d’idee così praticato e insegnatoci dai Greci antichi sia esclusivo appannaggio dell’Occidente, allora dovete leggere Elogio dell’anarchia di due eccentrici cinesi del III secolo (tradotto da Matteo Pinna per Ortica editrice, 2019). In questo libro l’eminente sinologo francese Jean Levi raccoglie tre polemiche portate avanti, come già avvertito nel sottotitolo, da due pensatori cinesi “scomodi”: i taoisti Xi Kang e Bao Jingyan. Di quest’ultimo si sa poco, solo che era un gran lettore di Laozi (autore del Tao Te Ching) e di Zhuangzi (filosofo e mistico cinese), mentre del primo sappiamo che, proprio per il suo fare polemico, si inimicò a tal punto un potente personaggio dell’epoca il quale appena diventato Direttore della Buon Costume pensò bene di condannarlo a morte.

I temi che troverete qui trattati sono vari: dall’inutilità dei prìncipi (assunto cardine dell’anarchia come oggi la interpretiamo), al carattere innato del gusto per lo studio fino agli effetti nocivi della società sulla salute. Posizioni che prima di tutto mettono in discussione la nostra idea occidentale di una Cina che ha sempre avuto un’unica idea di sviluppo sociale, senza porsi troppe domande. E invece qui viene dimostrato il contrario.

La prima polemica, “Dell’Inutilità dei Prìncipi”, che vede scontrarsi fra loro – argomentando, confutando, obiettando – i discorsi di Bao Jingyan e di Maestro che Abbraccia la Felicità, ci consegna ad esempio una visione del mondo che richiama addirittura idee sviluppate secoli e secoli dopo in Occidente da pensatori come Rousseau o Pierre Clastres: «Nella lontana antichità non vi erano né prìncipi né sudditi. Si scavavano pozzi per bere e si lavorava la terra per nutrirsi. La vita si organizzava secondo il moto del sole. Si viveva nella spensieratezza senza essere mai importunati dalla mestizia. Ognuno s’accontentava del suo, e nessuno tentava di rivaleggiare con gli altri, né andava in cerca di cariche. Non v’era né gloria, né infamia […] Il profitto non aveva ancora fatto la sua comparsa […] Poi venne la decadenza. Si fece ricorso all’imbroglio e all’artificio. Fu la rovina della virtù. Si instaurò la gerarchia». Ecco come la degenerazione della civiltà, secondo questi pensatori, avrebbe rovinato la società che un tempo ancora non conosceva i dolori “moderni”. Un’idea semplice, perché semplice è l’anarchia, che aiuta a inquadrare e interpretare meglio la storia del pensiero cinese, la quale attraverso il taoismo (movimento “disobbediente” e libertario) ha da sempre osteggiato l’ideologia dominante, come anche dimostrato dal successo che ebbero le idee anarchiche in Cina tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX.

Scrivi un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.