L’enigma delle fiabe, oltre i simboli e le parole – dalla Grecia alla Grecìa

Edizioni Ghetonia, 2016
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Le fiabe nella loro apparente semplicità nascondono messaggi subliminali, non sempre percepibili ad occhio nudo. Un mondo immenso e straordinario, affascinante e divertente, non meno interessante dal punto di vista letterario, oltre che psicologico.

Alberto Nutricati entra in questo mondo con la lucidità e la razionalità dello studioso per scavare nelle tradizioni, nei riti, ma soprattutto nella lingua, per un bisogno di maggiore presa di coscienza della narrazione fiabesca, intrisa di contenuti derivanti da altre tradizioni letterarie in una mescolanza di fattori che si concatenano fra loro per poi dare un’alterazione del racconto originario oppure un suo riadattamento secondo le esigenze sociali e morali del tempo. In questo senso verte la ricerca di Nutricati, vale a dire analizzare gli enigmi delle affinità che si possono riscontrare in particolare su due fiabe: una grika e l’altra cretese. Il suo volume L’enigma delle fiabe. Oltre i simboli e le parole – Dalla Grecia alla Grecìa, edito da Ghetonìa (2016), dopo una trattazione delle origini e interpretazioni delle fiabe converge su due fiabe Re Portogallo e il corrispondente racconto della letteratura popolare cretese Teodora per evidenziare appunto la matrice comune delle due fiabe. Un lavoro accurato, chirurgico, per sottolineare l’evoluzione linguistica e letteraria di una magia che attraverso i simboli compone e scompone la vita dell’uomo in innumerevoli messaggi di sapienza e di scienza. Magia, non quella delle stupide streghe, ma quella dei sapienti che mediante l’oralità intendevano raccontare storie per istruire la gente e inventare un modello di civiltà su solidi principi morali e religiosi. Nutricati sottolinea che «a differenza di quanto avviene per i miti e le leggende, nelle fiabe i personaggi hanno un carattere poco umano. Spesso non presentano nessun conflitto o dissidio interiore, nessun dubbio». Giustamente, rileva l’impronta di un carattere quasi in linea con la divinità che dà al personaggio autorevolezza e credibilità per una suggestione della lontananza dalla realtà, la quale ha una valenza ristoratrice degli affanni umani e una dimensione onirica universale che induce all’illusione di un mondo fiabesco che potrebbe anche concretizzarsi almeno nell’illusione.

Un tempo laddove la religione non esaudiva le istanze della gente, vi era già bell’e pronta la liturgia della magia che doveva infondere una credenza nella credenza, in un connubio improntato ad un’esigenza di comodità ma anche di ragionevole sopravvivenza. E le fiabe narrano storie in “nessun luogo” (illud tempus). La fiaba, nel disperdere il luogo in un centro di universalità, al contempo certifica la propria veridicità fattuale seppure in un contesto denotato di suggestione e sensibilità moralistica e favolistica. Nella storia tutto ciò che è negativo e avverso al destino viene assorbito e risolto nel suo lieto fine. In tale prospettiva l’individuo affronta il negativo che ogni evento negativo dischiude, appoggiandosi al rito magico e simbolistico della fiaba. Ha ancora oggi la fiaba una valenza educazionale in ambito generazionale? Non è forse sopraffatta dall’idea di modernità e di scientificità che quotidianamente viene proposta da una cultura che soggiace alle spregiudicate leggi del mercato? È soltanto una vocazione che sopravvive in un determinato centro del Salento? Ma la Grecìa non è il Salento, è una parte di esso. Queste le domande che la lettura del saggio di Nutricati stimola, invitando a ricercare cosa effettivamente del mondo fiabesco sia ancora presente nella gente del Salento e quanto effettivamente incida la cultura grika nell’insieme della popolazione salentina, considerato che appartiene ad una zona ben delimitata di nove centri urbani. In conclusione, si deve rilevare il piglio e la capacità dell’Autore di tracciare con accortezza stilistica, concettuale e storica, una tradizione culturale importante che si rischierebbe di perdere del tutto per incuria e indifferenza non solo culturale, per sopraggiunti interessi collettivi di anticonformismo ma anche e soprattutto di scarso interesse per tutto ciò che riguarda le cose proprie e più intime di un popolo.

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