L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin

Feltrinelli, 2009
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Il titolo, sicuramente curioso, del saggio di Alessandro Baricco L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin, si spiega già alle prime battute del testo con una doppia citazione. Il filosofo tedesco ritiene che la musica elevi l’anima al di sopra di se stessa, e uno studio dell’università di Madison, ci informa come l’ascolto di musica classica aumenti nelle mucche del 7,5% la produzione di latte. Allo strano accostamento delle due notizie si è portati, in prima istanza, ad apprestarsi con un sorriso al resto della lettura e presto si scoprirà come proprio l’accostamento di “sacro e profano” non è casuale. La tesi, non univoca ma principale, che l’esperto critico vuole dimostrare, è che la dicitura di “musica colta” spesso la cristallizza, privandola del significato e della funzione che questa per sua natura dovrebbe avere. «Se si chiedesse alla gente, alla gente dei concerti, cosa mai distingua la musica colta da quella popolar-leggera […] è facile presumere che la gente metterebbe a fuoco alcune argomentazioni-base del tipo “la musica colta è più difficile, più complessa” oppure “la musica leggera è un fatto di consumo e basta, quella classica invece ha un contenuto, una natura spirituale, ideale”» (ibidem p. 17). Volendo tracciare l’origine della comune, banale, risposta, dobbiamo risalire a quel compositore che più di tutti ha rivoluzionato il panorama musicale che gli si poneva innanzi nel tempo che lo ha visto, con maestria, creare perle uniche ed eterne: Beethoven. Il suo modo insolito di procedere nella composizione (basti ricordare che parte dei suoi appunti costituiscono oggi ben 70 libri!), lo sottrassero a lungo alle logiche di mercato fatto, nei suoi anni, di mecenati che gli commissionavano le opere. La complessità dei suoi pentagrammi da sempre sfida la capacità recettiva di un pubblico medio. Il periodo storico del suo scrivere, che vede una borghesia priva di quarti di nobiltà assalire il palazzo, permette di ritagliare, nella dimensione spirituale della musica, un angolo di rivalsa. «Beethoven generò un concetto di musica che prima non esisteva.» (ibidem p. 20) Le tre componenti (spiritualità, complessità, non commerciabilità) che di primo acchito un comune fruitore di musica classica vi individua, esistono realmente; tuttavia un problema posto da questa visione esiste. Ogni qualvolta pensiamo alla musica colta attribuendole (seppur a merito) tutte queste caratteristiche, la poniamo in una posizione di santificazione dove «cova il profilo chiarissimo della truffa pura e semplice» (ibidem p. 21). Si sottolinea, infatti, come rappresenti qualcosa di diverso e superiore, come abbia il merito di far accedere l’ascoltatore ad un luogo separato dalla quotidianità, ed è proprio qui che si nasconde l’inganno: nella fuoriuscita del presente. «Niente può salvare la musica colta dal triste destino di sfumare in prassi oscurantista e truffaldina se non l’istinto a metterla in cortocircuito con la modernità. Essa deve tornare ad essere idea che diventa e non parola d’ordine che si svuota nel tempo» (ibidem p. 24). L’unico modo possibile per far ciò, è attraverso la continua interpretazione che permette di constatare la validità dell’arte non come elemento già dato da una sorta di principio d’autorità, ma come continuo compito. Secondo Baricco il lavoro ermeneutico non deve essere vincolato a priori da nessun repertorio specifico, tutto merita d’essere abbracciato, sarà il risultato di questo lavoro ad attribuire, in definitiva, il corretto valore a qualsiasi opera, senza dimenticare che l’attribuzione d’alta validità è un processo assolutamente reversibile. Inoltre, più che per ogni altro tipo di manifestazione artistica, quest’analisi vale in maniera ancor più profonda per la musica (ed io vi aggiungerei il teatro) dove tramandare ed interpretare sono un gesto unico.

La genialità del libro di Baricco, sta nello spingere l’uomo comune a mettere sempre in discussione i giganti, a non bere ad occhi chiusi quello che potrebbe essere “il nettare degli dei” perché qualora si facesse così, quello smetterebbe d’esserlo. Inoltre non è indifferente la teoria secondo la quale tutto va analizzato; bisogna sporcarsi le mani con tutto per poterne dare la giusta attribuzione, senza elevarsi arrogantemente al di sopra delle cose che si giudicano “non degne”.

5 responses to “L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin

  1. Baricco! Avendo letto solo la recensione e non il libro, e tenendo in gran sospetto la multifunzione baricchiana, mi limito a dichiararmi toro del Wisconsin. Come faccio a distinguere musica grande da musica ( per me ) infame? Con quella grande faccio il 7.5% in più di latte ( et honni soi qui mal y pens…). Molto semplice.

  2. Non capisco perchè in Italia ogni volta che abbiamo qualcosa di buono, lo dobbiamo disprezzare… Baricco è un uomo di grande capacità e cultura, guardarlo con diffidenza non ci permette di goderne le profonde capacità. E poi, se proprio vogliamo il "riconoscimento ultraterreno" altrimenti non possiamo ammettere le capacità di un uomo, ti informo che in questa materia è molto competente, più che in qualunque altra, per anni è stato critico musicale per Repubblica. Ma questo lo avrai evinto anche dai suoi libri di narrativa, che sicuramente, visto che ne diffidi, avrai letto, dove si parla spesso di particolari peculiarità musicali.

    Di' la verità… sei il figlio nascosto di Ferroni!! :-)

  3. Critico musicale per La Repubblica? Molto bene, se la teoria è che dalle stalle alle redazioni il passo è breve…

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